Ai confini del male: la mescolanza degli elementi

La nostra intervista, in esclusiva, a Vincenzo Alfieri, sceneggiatore, regista e montatore del lungometraggio Ai confini del mare, ispirato dal romanzo Il confine dei Graviano. Protagonisti Edoardo Pesce e Massimo Populizio, in onda dal 1° novembre su Sky e in streaming su Now.
Intervista a Vincenzo Alfieri a cura di Giovanna Barreca

Mescolare gli elementi, giocare con quelli del thriller più classico, aggiungendo una forte attenzione per i personaggi con uno sguardo sempre molto vicino, a catturarne ogni piccolo stato d’animo attraverso i volti e le voce, modulate ogni volta in maniera diversa. E poi un paesaggio plumbeo, con tanti specchi d’acqua, vetri che restituiscono una doppia immagine, un’immagine riflessa e in una certa maniera sbiadita perché lo spettatore possa entrare nella psicologia ambigua dei personaggi.

Questi gli elementi alla base del lungometraggio Ai confini del male di Vincenzo Alfieri con Edoardo Pesce e Massimo Populizio, in onda dal 1° novembre su Skycinema e in streaming su Now.

Pesce interpreta il tenente Meta, un carabiniere che non porta la divisa: “un uomo interrotto, che si trova in un punto della sua vita senza più nulla da perdere e nulla per cui valga la pena vivere”, precisa il regista durante la nostra intervista. Continua a fare il suo lavoro ma, dopo l’incidente d’auto che ha coinvolto la sua famiglia, non gli interessa più nulla ed è autodistruttivo sia nel lavoro, sia nella vita privata.

Populizio è il Capitano Rio, con una famiglia apparentemente unita. Dieci anni prima aveva cercato di catturare l’Orco, l’assassino di diversi giovani del paese senza riuscirci, rovinandosi così la carriera.

Il film inizia con il rapimento del Capitano Rio ad una festa. L’Orco è tornato?

Alfieri scrive il film partendo dal libro Il confine di Giorgio Glaviano ma dosa diversamente il rapporto tra i personaggi, rendendoli entrambi protagonisti e uno – in un certo senso – lo specchio dell’altro. Due carabinieri, due padri, due anime profondamente sole, perfettamente disegnate sui volti degli attori che vengono ripresi con primi piani e molto spesso primissimi piani per sottolinearne il dettaglio della bocca, di un occhio. “Pesce e Populizio erano perfetti perché hanno inquietudine e ironia degli occhi” precisa il regista. Che si tratti di due “pezzi rotti” è sottolineato anche dall’uso di una musica spesso fatta di strumenti scordati. Musica composta da Andrea Bellucci con il quale Alfieri ha condiviso il film già in fase di sceneggiatura, portando poi diversi brani anche sul set per i capi reparti e gli attori.

Nella nostra intervista Vincenzo Alfieri (anche sceneggiatore e montatore) ci spiega l’uso (funzionale) dei piani sequenza presenti nel film per avvicinare ancora di più lo spettatore alla storia, ai personaggi e alla loro “ricerca” dell’Orco.

 

giovanna barreca