Arrivano i nostri

09/04/09 - Al box-office settimanale resistono fra i primi dieci tre film “comici”: “La matassa”...

Arrivano i nostri

(Rubrica a cura di Alessandro Aniballi)

arrivano-i-nostri-interno.jpg09/04/09 – Al box-office settimanale resistono fra i primi dieci tre film “comici”: “La matassa” di Ficarra e Picone, “Diverso da chi?” di Umberto Carteni e “I mostri oggi” di Enrico Oldoini. Quest`ultimo è decisamente il titolo meno riuscito del lotto e anche il più deludente sul piano degli incassi (in rapporto al numero delle copie), dove il riferimento al modello insuperato dei mostri di Dino Risi resta inavvicinabile sia per il parco attori che per il reparto sceneggiatura (senza parlare della regia…). Curiosamente i due migliori episodi de “I mostri oggi” sono quelli che si rifanno alla farsa genuina delle tradizioni comiche e napoletana (la cinica famiglia che costringe la figlia a battere) e romanesca (i due risibili truffatori Ferilli e Marcorè che, non a caso, salgono su un tram di “fabriziana” memoria), rinverdendo, seppur fugacemente, i fasti dell`avanspettacolo e della commedia anni `50, ma – come dire – senza volontà  di aggiornamento. In particolare, i personaggi della Ferilli e di Neri Marcorè sembrano provenire da un altro tempo e da un altro mondo, quello di una romanità  che esiste sì ancora oggi, ma vive ormai relegata ai margini della vita sociale, come residuo antropologico. Là  dove Oldoini fallisce completamente è nel tentativo di aggiornare la cinicità  degli anni Sessanta e dei Settanta al mondo odierno (assurdamente inverosimile risulta, ad esempio, lo sketch di Abatantuono innamorato di un ragazzino, parafrasi maldestra di un episodio minore de “I mostri”, con Tognazzi e Buzzanca). “I mostri oggi” conferma senza meno che la cattiveria associata alla comicità  beffarda sia irrealizzabile nell`Italia contemporanea (forse l`episodio più crudele, quello di Panariello che si fa tentare da una minorenne, più che sarcastico, è solo patetico). àˆ il sintomo di una incapacità  preoccupante nella lettura e nella successiva deformazione del reale.

Qualcosa ci viene piuttosto da “Diverso da chi?”, non tanto per la tematica gay che come al solito è annacquata (che distanza di sensibilità  rispetto a un film come “Cover boy” di Carmine Amoroso), quanto per una azzeccata riproposizione del teatrino della politica, declinato in versione “profondo Nord”: da un lato il sindaco di centro-destra che inaugura muri su muri (Pannofino), dall`altro l`opposizione pseudo-PD, incarnata perfettamente da Antonio Catania e Giuseppe Cederna, che si balocca sulla “zenoniana” rincorsa al Centro. Per il resto “Diverso da chi?”, piuttosto che alla commedia all`italiana, sembra rifarsi alla commedia sofisticata; obiettivo che rimane parzialmente irrealizzato per colpa di una seconda metà  decisamente troppo debole.

“La matassa” invece, per paradosso, è un caso personale. Se la biografia di Ficarra e Picone ricalca pienamente quella di altri comici passati dal cabaret alla TV e poi al cinema (vedi Aldo, Giovanni e Giacomo, ad esempio), è pur vero che rispetto a chi li ha preceduti, i due mettono nella scrittura e nella messa in scena una cura quasi maniacale. E dunque se “La matassa” può dirsi riuscito è soprattutto grazie al manifesto controllo del materiale a disposizione. Nonostante ciò tutto il progetto si regge alla fine con fatica, a causa di una mancanza quasi grossolana nel soggetto, che fa sì che i due personaggi si riappacifichino dopo appena metà  film, deviando completamente la narrazione su un altro binario. Detto questo, il mondo cinematografico di Ficarra e Picone non cerca appigli nel reale e si alimenta piuttosto di un`ottica cinema-cinema, dove gli stessi mafiosi vengono sottoposti a un ribaltamento comico dell`immaginario che li vuole austeri e impassibili. La conferma della “cinematograficitࠔ dell`operazione la si ha poi nel finale quando, con un guizzo creativo, Ficarra e Picone arrivano a citare il “triello” di Sergio Leone.

Insomma, per le commedie sociali, bisogna aspettare ancora…