Belli e indipendenti

Da un vecchio filmato dell’Enea alle immagini di due centrali nucleari a Latina, ai referendum del 1987 e del 2011: Scorie in libertà di Gianfranco Pannone, un video diario sulla storia schizofrenica del nucleare in Italia.
Intervista a Gianfranco Pannone

Scorie in libertà, scorie ribelli. Quelle fisiche generate da un reattore nucleare in un’area mai bonificata, quelle nella testa di uomini e donne malati di cancro; scorie degli scarti nucleari, perché in Italia non esiste un deposito di stoccaggio. E ancora scorie del Polo Farmaceutico di Aprilia con i suoi liquami, scorie delle infiltrazioni mafiose sul territorio e soprattutto le scorie dell’indifferenza. Gianfranco Pannone con Scorie in Libertà. L’incredibile avventura del nucleare in Italia – documentario presentato pochi giorni fa in concorso a Cineambiente di Torino ed evento al Festival di Pesaro (25 giugno-1°luglio) – racconta la storia che l’autore definisce schizofrenica della nascita e poi della morte del nucleare nel nostro Paese. Lo fa da un punto di vista privilegiato, la sua città d’origine, Latina, dove da ragazzo – iniziando con amici a sperimentare la macchina-cinema (con “La banda del super 8”) – ne raccontò alcune fasi storiche fondamentali (così come negli anni a seguire con i documentari Piccola America e Latina/Littoria). Latina, cittadina laziale, dove sono presenti due reattori, uno voluto nel 1963 con gli inglesi – la più grande Centrale nucleare d’Europa – il secondo, quello definito ‘supposta’, il Cirene, primo reattore solo italiano, mai andato in funzione. Da Latina può essere ancora più interessante che altrove condurre una riflessione politica su cittadini che in passato – forse ora le cose sono un po’ cambiate, si auspica Pannone – per un interesse personale, sono diventati sudditi, accettando che a pagare il prezzo più alto fosse il territorio e la loro/nostra salute.

Il documentario non solo ha i pregi quasi didattici di un racconto – che, usando splendide immagini di repertorio, attentamente selezionate dal regista, ci riporta all’Italia di periodi importanti come il 1963, poi del referendum del 1987 fino al 2011 con il secondo referendum che impedì il nuovo arrivo del nucleare in Italia – ma è di notevole qualità per il suo tentativo sociologico di indagine sugli italiani e il loro rapporto con l’industrializzazione e il nucleare sognato, realizzato e poi combattuto. Pannone vola alto analizzando il concetto di democrazia in una terra nata con e per volere di Mussolini, dove, come dice l’autore stesso – voce narrante del documentario -: “È facile mistificare la realtà in una terra cresciuta col mito del progresso”. Progresso a tutti i costi per sfuggire alla miseria di campagne avare. E così a 600 metri in linea d’aria dalla centrale si sono costruite case e oggi ci cibiamo dei prodotti delle coltivazioni a ridosso della centrale, conviviamo con canali dove vivono specie ittiche deformi. Pannone lancia centinaia di spunti che, approfonditi, avrebbero portato a decine di documentari. Infatti si sarebbe potuto indagare anche su come andarono le cose quando gli italiani avevano iniziato la costruzione del Cirene ma, essendo un reattore al plutonio, non era visto molto bene dagli americani che forse ‘pilotarono’ il referendum del 1987? Così come interessante sarebbe continuare a seguire il giovane ricercatore solo nella sua volontà di far luce su ciò che accade alla fauna ittica del suo territorio tanto che scoraggiato, confessa a Pannone: “Forse l’unica maniera per portare avanti la ricerca è espatriare”.
Scorie in libertà è un esercizio di democrazia, è la volontà di un documentarista di raccontare il suo Paese, di avvicinarsi alla realtà delle cose senza filtri. E, aggiungiamo, senza mai risultare pedante perché già dalle prime scene con le immagini del centro di controllo di una centrale – da un lavoro d’archivio realizzato dall’Enea – è possibile cogliere la cifra stilistica del sottile gioco di atmosfere – tra fantascientifico, mistico e ironico – poi sviluppate nel corso di tutto il film, grazie anche alle musiche di Daniele Sepe.
Per terminare il film – nato con produttori che prima di Fukushima si sono tirati indietro – il regista ha attinto a risorse private, ha coinvolto la sua associazione Blue Film, realizzando un film indipendente che dopo diversi festival estivi, da settembre circuiterà nelle sale Arci-Ucca.

GIOVANNA BARRECA