Bitch Slap – Le superdotate

09/06/11 - Film di serie B diretto da Rick Jacobson senza estro e con tre bellezze discinte stile Playboy che dovrebbero ricordare i fasti di Russ Meyer.

Negli ultimi anni, dopo i successi della premiata ditta Rodriguez-Tarantino, si cerca di riportare in auge la serie B, il cinema trash e l’exploitation, vale a dire gli scarti del cinema che fu, che a distanza di anni sanno mostrare la loro vitalità; non è così per il fasullo film di Rick Jacobson (modesto direttore di serie tv di scarsa qualità e filmetti insulsi) che prova a riciclare la “sexploitation” di Russ Meyer e compagnia senza il minimo talento. Al centro del film tre ragazze formose, Trixie, Hel e Camero, coinvolte in un furto andato male, che coi flashback si scopre essere un intrigo di spionaggio internazionale che coinvolge i servizi segreti e il terrorismo. Poco più di un canovaccio costruito a ritroso, la sceneggiatura di Eric Gruendemann e del regista vorrebbe omaggiare tanto Faster Pussycat Kill Kill di Meyer quanto Death Proof di Tarantino, ma fallisce anche come omaggio parodistico.

Esplicitamente citazionista fin dai titoli di testa, composti di immagini di quel cinema degli anni ’60 e ’70 e delle sue belle protagoniste, il film dovrebbe essere un omaggio ironico, una cialtronata a base di sesso, azione e violenza che dovrebbe tanto ricordare l’epoca d’oro della serie B quanto la forza carismatica e magnetica delle eroine sexy dei film d’avventura più estremi, capitanate dall’immortale Tura Satana; peccato che più che alla Troma, Jacobson possa aspirare al massimo al soft-porno di serie C, di quelli che vanno in onda alle 2 del mattino sui canali regionali, vista la totale mancanza di ritmo, avventura, fantasia, energia. La sceneggiatura impiega un’ora prima di rivelare un colpo di scena dignitoso e l’ironia latita se le uniche sghignazzate si hanno sull’entrata in scena di Trixie allo strip-club o sulla parodia di 007; mentre a Jacobson interessa solo la violenza e a far finta che i peggiori fondali di sempre siano ironia e non povertà di mezzi. Un film inerme, girato per l’appunto in un unico posto, con i personaggi sempre fermi su se stessi fingendo movimento; e anche le tre attrice – siliconate come si conviene ai tempi – ammiccano un sacco, ma si concedono poco: e questo, oltre a denotare la natura falsa del prodotto, ignora del tutto lo spirito genuino dei film cui vorrebbe ispirarsi.

EMANUELE RAUCO

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