Cherry

19/02/12 - In Panorama Special a Berlino, un tranche de vie privo di erotismo e di humour sull'ascesa di una pornostar, troppo ingenua per essere vera.

Dalla nostra inviata Daria Pomponio

Esperimento di cinéma verité fuori tempo massimo, Cherry del britannico Stephen Elliott (da non confondere con l’australiano Stephan Elliott, regista di Tre uomini e una pecora) segue a distanza ravvicinata la formazione di una pornostar. Vittima del pedinamento dell’autore è la neomaggiorenne Angelina (Ashley Hinshaw), graziosa fanciulla piena di entusiasmo e voglia di affrancarsi da un ménage familiare disfunzionale (la madre, interpretata da Lili Taylor, è alcolizzata). Dopo aver fatto delle foto erotiche, la ragazza capisce che l’industria del porno può donarle in fretta il benessere economico che tanto desidera e allora prepara armi e bagagli e parte con il suo migliore amico (Dev Patel) alla volta di San Francisco. Giunta a destinazione, Angelina inizia la carriera da pornodiva e assume il nome d’arte di Cherry, esplorando i vari generi del cinema a luci rosse. Presentato alla Berlinale 2012 nella sezione Panorama Special, Cherry ruota tutto intorno alla sua protagonista e ai fugaci incontri con vari personaggi, tra cui l’artista fallito incarnato da James Franco e la regista lesbica interpretata da Heather Graham.

Portando avanti con sin troppo rigore uno stile da reportage giornalistico ed evitando sia psicologismi che sbavature sentimentali, il film finisce però per risultare un lavoro di superficie, privo di reali personaggi così come di uno sguardo personale sulla realtà in esame. La giovane attrice Ashley Hinshaw, nonostante la tipologia del ruolo, risulta alquanto rigida e si limita a sorridere e sgranare gli occhioni qualunque cosa le succeda. E qui sorge un altro problema: in Cherry, di fatto, non succede niente. Non c’è tensione narrativa, nulla impedisce alla protagonista di realizzare il suo progetto lavorativo e una volta realizzato il suo “sogno”, il personaggio di Cherry non possiede altri obiettivi e il film, di coneguenza, inizia a roteare su se stesso. Fa timidamente capolino una storia d’amore, presto interrotta a causa della sua professione, ma Angelina non sembra crucciarsene molto e va avanti per la sua strada, qualunque essa sia. Volti celebri del cinema indipendente americano (e non solo) tra cui la veterana Lily Taylor, Heather Graham e James Franco sono poco più che delle comparse, mentre i dialoghi pronunciati dai personaggi, vittime di un naturalismo talmente ricercato da risuonare posticcio, risultano assai monocordi, affetti come sono da un florilegio di “Yeah, oh yeah, wazzup” e quant’altro. Girato in HD Cam, con uno stile volutamente sporco e sgranato, Cherry si configura dunque come un’opera prima manierista e poco efficace, che punta tutto sul ritratto del sottobosco del cinema pornografico, troppo freddo per risultare interessante e, ancor meno, erotico.

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