Cirkus Columbia

26/05/11 - Dopo No Man Land’s e Triage Tanovic porta a compimento la sua personale trilogia sulla guerra nella ex Yugoslavia con un film delicato e surreale.

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  • il regista Danis Tanovic
  • Con Cirkus Columbia Danis Tanovic porta a termine una sua personalissima e assai diversificata trilogia sulla guerra nella ex Yugoslavia, illustrandoci, questa volta, i prodromi del conflitto. Il regista di origini bosniache aveva infatti raccontato gli orrori della guerra “in atto” nel film premio Oscar No Man Land’s (2001), passando poi ad approfondire il dramma del reducismo, il “dopo” dunque, in Triage (2009), progetto ambizioso e dal respiro internazionale con Colin Farrell e Christopher Lee.

    In Cirkus Columbia al centro della scena, ritroviamo il volto stropicciato e impenetrabile della star balcanica Miki Manojlovic (Underground, Gatto nero, gatto bianco, La polveriera, Irina Palm), qui nel ruolo dell’ambiguo Divko, un uomo di mezza età che torna nel natìo villaggio bosniaco dopo vent’anni trascorsi in Germania, con in tasca molti marchi tedeschi e al fianco una nuova compagna, la giovane Azra (Jelena Stupljanin). Per Divko la vita da emigrante è stata inizialmente molto dura, ma ora, mosso da un desiderio di rivalsa, può permettersi di comprare molte cose, compresi i favori del nuovo sindaco, pronto ad aiutarlo a riappropriarsi della casa, ora occupata dalla moglie Lucija (Mira Furlan, nota ai più come la Rousseau di Lost) e dal figlio adolescente Martin (Boris Ler). Allontanati dai luoghi del potere i comunisti, la nuova classe politica locale, capitanata dal sindaco, è dunque corruttibile e priva di scrupoli morali, mentre nella caserma locale si abiura al Comunismo per lasciare spazio ad un altro tipo di appartenenza, quella etnica. La guerra è alle porte, ma la piccola comunità non sembra rendersene conto, così come il nostro protagonista, impegnato a riconquistare i favori del figlio e forse anche quelli della moglie.

    Parte dunque proprio da un discorso sulla famiglia, cellula della società per eccellenza, la lettura che Cirkus Columbia ci offre della sanguinosa guerra civile tra serbi e bosniaci, per decadi fratelli e pacifici concittadini, improvvisamente, nel 1992, avversari spietati. La comunità descritta da Tanovic vive ancora però in un’apparente normalità: nascono amori, si trova sollievo alla canicola estiva bagnandosi nel fiume, si ricerca costantemente il gatto Bonny, l’amato felino germanico importato da Divko e improvvisamente scomparso. Ma l’odio cova silenzioso nell’ombra, ecco allora che vecchi funzionari comunisti vengono aggrediti e picchiati, i membri dell’esercito iniziano a mobilitarsi, le autorità trafficano con il miglior offerente. Alternando un distacco quasi da reportage a barlumi di commedia romantica e punte di comicità surreale, Tanovic ritrae dunque la quiete prima della tempesta. Il suo è un affresco complesso e sfaccettato, venato di un’amara nostalgia per un’epoca perduta di convivenza pacifica e animato da una sana voglia di ricordare, e di farsi ricordare, dalla vicina Europa.

    DARIA POMPONIO

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