Edut

08/09/11 - Alle Giornate degli Autori, Shlomi Elkabetz racconta il conflitto tra palestinesi e israeliani con potenza di racconto e di messa in scena.

Dalla nostra inviata GIOVANNA BARRECA

Al contrario del film in concorso Hahithalfut (The Exchange) di Eran Kolirin, accolto da diversi fischi a Venezia 68, il secondo titolo israeliano presentato in questa edizione della Mostra, Edut (Testimony) di Shlomi Elkabetz (nella sezione delle Giornate degli Autori), ha ricevuto una adesione convinta da parte di pubblico e stampa, commuovendo e scioccando per l’indiscussa potenza della narrazione. Shlomi Elkabetz è un ex soldato, un ragazzo che ha iniziato a fare cinema con successo insieme alla sorella Ronit e qui, dopo anni di lavoro e ricerca, ci regala la sua prima regia individuale. Un viaggio in cui si denuncia il lunghissimo conflitto fra i palestinesi e la sua gente, che da un secolo continuano a erigere muri fisici e mentali; due comunità che potrebbero convivere nello stesso territorio anche se quella terra è stata divisa arbitrariamente nel 1947 dalle Nazioni Unite e non dai popoli che la abitano.

Elkabetz ha deciso di evitare il documentario di interviste con le vittime che raccontano la loro vicenda, preferendo piuttosto operare un lavoro di teatralizzazione. Infatti, il regista ha raccolto il materiale di anni di lavoro e di conversazioni (facendo notare la difficoltà di reperire testimonianze dai soldati israeliani), lo ha rielaborato e ha costruito la sua versione della vicenda facendo recitare sul palcoscenico dei luoghi del conflitto diversi attori professionisti. Così, basta la semplice lettura del testo da parte di un performer, che si riesce ad avere il polso esatto della drammaticità degli eventi che si raccontano in Edut. Lo spettatore ha un coinvolgimento immediato anche perché viene chiamato in causa dai singoli attori che guardano in macchina alla fine di ogni racconto, per una sorta di invito all’ascolto e alla responsabilità. Elkabetz crede infatti che solo in questo modo quelle atroci testimonianze potranno diventare parte di una memoria collettiva, nella speranza che un giorno le cose possano cambiare: “Il mondo non può permettere che si protragga una guerra così violenta e fratricida”. È un messaggio semplice e diretto quello che viene da Edut, un altro dei tanti documentari visti qui al Lido; ed è forse proprio da questo genere cinematografico che, nell’edizione di Venezia 68, sono arrivate le opere più significative per potenza del racconto e di messa in scena.