Flussi seriali

27/01/11 - Olocausto: valore narrativo o valore sociologico? Quando fu trasmessa per la prima volta...

Flussi seriali – Percorsi e influenze odierne e vintage delle serie americane

Olocausto: valore narrativo o valore sociologico?
 
(Rubrica a cura di Erminio Fischetti)

flussi-seriali27/01/11 – Quando fu trasmessa per la prima volta dalla NBC nel 1978, la miniserie Olocausto, diretta da Marvin J. Chomsky e scritta da Gerald Green, che aveva adattato egli stesso il suo romanzo, ruppe un grande tabù: quello di parlare dell’Olocausto in termini narrativi e spettacolari e far entrare la parola stessa, coniata da Elie Weisel, nel linguaggio comune. A tal riguardo numerosi filosofi e studiosi si pronunciarono favorevolmente o negativamente sul fenomeno, la stessa Simone Veil, politico francese prigioniera dei campi di concentramento durante la guerra, recentemente ha ribadito che è meglio guardare questo prodotto televisivo, che per quanto banale possa essere almeno racconta i fatti così come stanno, che non film come Schindler’s List o La vita è bella, da lei considerati offensivi perché alterano la verità. Certo quel che è importante sottolineare è il valore sociologico e la grande domanda che aprì la miniserie: è giusto narrare l’inenarrabile? Spettacolarizzare una tragedia di così vaste dimensioni? Raccontare storie di finzione su uno sfondo così reale e tragico? Non è certo questa la sede per trovare una risposta al quesito né in alcun modo la si vuole rendere tale. Quel che è certo è che, per quanto Olocausto sia un lavoro di limitate qualità artistiche, possiede un valore sociologico e storico importante nella storia della televisione perché ha permesso che, per la prima volta, si parlasse apertamente della questione. Lo show all’epoca fu un grande successo di ascolti in tutto il mondo e in particolare negli Stati Uniti e in Germania, che per la prima volta mostrava in un programma televisivo di fiction quello che era avvenuto.
 
Il romanzo di origine strutturava, in maniera semplice, due punti di vista contrapposti sulla tragedia dell’Olocausto con l’uso della prima persona dei due fittizi protagonisti: il diario di uno dei maggiori esponenti militari del governo del Terzo Reich Erik Dorf e i racconti  di Rudi Weiss, unico superstite di una famiglia di ebrei tedeschi sterminata dal Nazismo. L’adattamento televisivo, invece, spersonalizzava il racconto attraverso il depauperamento dei punti di vista. Nel plot, i Weiss passano dalla totale unione del nucleo famigliare alla diaspora. Ognuno prenderà strade diverse, ma il destino sarà uguale per tutti, tranne per uno, quello più capace di combattere e lottare contro il destino imperante.

Vista oggi, l’epopea, della durata di quasi otto ore, appare incredibilmente datata: la scrittura è piuttosto rozza, alcuni personaggi non vengono approfonditi e restano su linee caratteriali di facile banalizzazione del tema. Se si esclude il punto di vista di Inga (una deludente Meryl Streep, e lo disse lei stessa successivamente), la moglie ariana di Karl Weiss, che viene a compromessi con un soldato nazista per di rivedere suo marito finito in un campo di concentramento, tutti i personaggi si dividono semplicisticamente fra ebrei buoni e tedeschi cattivi. Se non fosse per l’ottimo lavoro recitativo di alcuni degli interpreti – sui quali dominano i lavori psicologici di Michael Moriarty, Rosemary Harris (meritatamente premiati con il Golden Globe) e James Woods – certe caratteristiche dei personaggi non verrebbero nemmeno fuori. Moriarty, che interpreta Dorf, si avvale di una performance giocata sulla linea dell’indifferenza ritraendo un gerarca che compie il suo lavoro come un qualsiasi impiegato nascondendosi dietro le convenzioni del linguaggio burocratico. Insensibile, inamovibile, con una moglie peggiore di lui, attratta e inorgoglita dal successo lavorativo del coniuge. La Storia stessa, quella con la S maiuscola, viene ridotta all’osso, semplicizzata. Cosa resta allora del valore di questa operazione? Il coraggio di aver reso “fruibile” per tutti, attraverso la potenza e la forza della narrazione, una tragedia di cui nessuno all’epoca aveva il coraggio di parlare apertamente se non nelle sedi e negli ambienti appositi. Ha permesso a molti, pur in maniera banale, di comprendere e di capire. Peccato che abbia dato il “la” all’abuso gratuito di queste storie. Del resto è fin troppo facile commuovere e ricevere apprezzamenti quando si fanno film e sceneggiati sull’Olocausto.
 

Titolo originale: Holocaust: The Story of the Family Weiss
Regia: Marvin J. Chomsky
Cast: Michael Moriarty, Meryl Streep, James Woods, Rosemary Harris, Fritz Weaver, Joseph Bottoms, Tovah Feldshuh, Sam Wanamaker, David Warner, Deborah Norton, Tom Bell, Blanche Baker, Ian Holm
Produzione: USA 1978
Durata: 448’ (5 episodi)
Distribuzione originale: dal 16 al 19 aprile 1978 su NBC
Distribuzione italiana: 20 maggio 1979 su Rete 1
Dispsonibile in dvd Dall’Angelo Pictures dal 20 ottobre 2010