Flussi seriali

19/11/09 - Ci sono cose alle quali non sappiamo resistere, che si inseriscono come una droga...

Flussi seriali – Percorsi e influenze odierne e vintage delle serie americane

Giudice Amy

(Rubrica a cura di Erminio Fischetti)

flussi-seriali19/11/09 – Ci sono cose alle quali non sappiamo resistere, che si inseriscono come una droga nella nostra vita, come un appuntamento quotidiano al quale non saper rinunciare. “Giudice Amy” è stato questo per molti appasionati, un rituale quotidiano e affascinate, fidato e contegnoso, ma anche molto gustoso. La serie creata e sviluppata nel 1999 da Amy Brenneman con Barbara Hall, Joseph Stern e Connie Tavel, trae ispirazione dall’infanzia dell’attrice, figlia di una madre single e fra i primi giudici donna ad essere eletta alla corte suprema. La serie però, sposta la situazione alla contemporaneità della sua produzione e narra le peripezia di Amy Gray, giovane e rampante avvocato, appena divorziata e con una figlia piccola di nome Lauren, che dalla Grande Mela ritorna a vivere con la madre vedova Maxine, una militante assistente sociale minorile che combatte il sistema dall’interno, nella città natale di Hartford, Connecticut, dove ha appena accettato un posto come giudice minorile. Sullo sfondo, ma non meno importanti nella sua chiave sociologica, il fratello minore Vincent, scrittore e giornalista che non riesce a trovare il successo che merita (dopo la madre, il personaggio che più mette in discussione se stesso e il più originale, portato alla luce attraverso una ribellione ed un anticonformismo sottili e non così banali come vorrebbe sembrare), il fratello maggiore Peter e sua moglie Gillian, che non riescono ad avere un figlio, l’austero assistente al tribunale Bruce Van Exel, padre single, il cancelliere Donna Kozlowski, il cugino medico ed ex-drogato Kyle.

L’aspetto più interessante della serie è sicuramente il grande equilibrio con cui si parla delle storie che ogni giorno arrivano nell’aula di Amy e nell’ufficio di Maxine. Vicende tragiche, di giovani ragazzi derelitti e disperati, spesso rifiutati dalla propria famiglia o privi di essa, e incastrati nell’imperfetto sistema giudiziario minorile. Tutte raccontano in maniera molto sobria una società giudiceamyamericana in cui valori famigliari ed etici sono finiti chissà dove. Senza però dimenticare il quadro della famiglia Gray, dipinta come elemento di salvezza, il fulcro e il luogo dove trovare pace ogni giorno dalle bruttura che le due donne sono costrette a vedere fuori casa. La famiglia acquisisce una linea di demarcazione importante per Amy e trova nella figura di Maxine la sua fonte di maggiore influenza e un vero rifugio (cosa che non vale solo per lei, ma anche per tutti gli altri componenti della famiglia). Infatti, Maxine (che meriterebbe un discorso a sé) risulta il personaggio più interessante nella sua struttura narrativa e ideologica: cresciuta in una rigida famiglia borghese, si è formata in quegli anni Sessanta nei quali la ribellione ha costituito un elemento fondamentale del cambiamento sociale contemporaneo. Ha le sue idee, è matura, forte e coraggiosa, irruenta e disincantata, ma anche emotiva e generosa per il modo con il quale affronta a viso aperto quel mondo che ogni giorno contribuisce alla distruzione dei suoi figli, privi di una guida e che magari finiscono a vivere per strada. Maxine è il cuore e l’anima di “Giudice Amy”, la vera essenza della linea liberale di questa produzione, che, pur nascondendosi dietro un formalismo seriale da rete generalista (negli USA veniva trasmessa da CBS), possiede un disincantato realismo. Interpretata dalla straordinaria Tyne Daly, un mito inenarrabile e inarrestabile anche per la televisione, dove negli anni Ottanta ha contribuito a connotare i cambiamenti della donna attraverso il ruolo del detective Mary Beth Lacey in “New York, New York” (“Cagney and Lacey”), prima serie poliziesca americana che vedeva due donne protagoniste come detective della polizia, fino a quel momento prerogativa esclusivamente maschile.

Amy, dal canto suo, sotto questa straordinaria influenza e l’amore di una famiglia democratica, risulta una privilegiata: laureata ad Harvard e con tutte le possibilità che questo ha comportato, sembra quasi il rovescio della medaglia delle tragiche vicende viste continuamente sul posto di lavoro. Al contrario di Maxine, non ha dovuto lottare ogni giorno per affermare le sue idee, pur trovando lei stessa nell’ambiente giudiziario una competitiva predominanza maschile, spesso fatta di compromessi e ricatti sottaciuti, nel cui meccanismo lei si rifiuta di entrare. La serie, insomma, mette a confronto due generazioni femminili fondamentali alla costruzione del concetto di donna contemporanea, indipendente, e trae da questo la sua forza in un’epoca in cui certe conquiste vengono date troppo spesso per scontate.

Giudice Amy
Creata da: Barbara Hall, Joseph Stern, Amy Brenneman e Connie Tavel;
Interpreti: Amy Brenneman, Tyne Daly, Dan Futterman, Richard T. Jones, Jessica Tuck, Marcus Giamatti, Jillian Armenante, Kevin Rahm;
Produzione: USA, 1999-2005;
Durata: 45’ (138 episodi divisi in sei stagioni);
Distribuzione USA: 19 settembre 1999 su CBS;
Distribuzione italiana: Ottobre 2001 su Canale 5;
Repliche: dal lunedì al venerdì ore 10,30 (Rete4); ogni giovedì alle 21,00 (Hallmark Channel)