Flying Swords

19/02/12 - Fuori concorso a Berlino, torna il re dell'action hongkonghese Tsui Hark con le mirabolanti evoluzioni acrobatiche di Jet Li per la prima volta in 3D.

Dalla nostra inviata Daria Pomponio

Torna il maestro dell’action hongkonghese Tsui Hark con un roboante wuxiapian fatto di avventure, complotti di corte e combattimenti dalle portentose acrobazie. Presentato alla Berlinale 2012, in un’anteprima funestata da problemi tecnici (ben 15 minuti di film con i sottotitoli soltanto in tedesco) Flying Swords of the Dragon Gate vanta un ottimo 3D, che sa ben amplificare la maestria di Hark nel coreografare duelli al fil di lama e corpo a corpo. Tutto (se si eccettuano l’incipit e l’epilogo) ha luogo questa volta nella famigerata taverna per viaggiatori Dragon Inn, sita alle porte del deserto, dove pare sia nascosto un ricco tesoro che ogni sei anni viene riportato alla luce da una tempesta. L’evento atmosferico è imminente e la locanda inizia a farsi affollata: ci sono una concubina incinta fuggita da palazzo, scortata dalla misteriosa guerriera Ling, gli assassini dell imperatore, guidati dall’eunuco Yu (Kun Chen) e il generale Zhao (Jet Li), ben determinato a togliere di mezzo Yu e riportare ordine a palazzo.

L’unita di luogo aristotelica non aiuta però Flying Swords of the Dragon Gate a tenere ben dipanate i fili della narrazione, che principia e si chiude con gli intrighi di palazzo, ma li fa esplodere in tutt’altra location (il Dragon Inn di cui sopra). Di conseguenza il mcguffin approntato da Tsui Hark per innescare le scene di combattimento è troppo debole e lascia che il racconto deragli precocemente dai binari a si allarghi a macchia d’olio per includere numerosi personaggi, dimenticando di focalizzarsi sul suo obiettivo. Ma il quid del film, come al solito, sono le sequenze di combattimento, versante sul quale il maestro di Hong Kong non delude, lasciando esplodere sullo schermo mille (im)possibili combinazioni acrobatiche, una più sorprendente dell’altra. Tra duelli sospesi in aria o su esili impalcature di legno che cadono in piacchiata nel vuoto, pugni sferrati da Jet Li che si moltiplicano sotto i nostri occhi, le vele di un galeone da usare come trampolino di lancio, tronchi di legno come palafitte e tavoli da taverna rotanti, l’occhio dello spettatore non ha un attimo di tregua, sovrastimolato com’è anche da uno strabiliante 3D. Hark sfrutta infatti al massimo le possibilità offerte dalla stereoscopia e amplifica la profondità dello schermo concentrandosi sul movimento diagonale all’interno dell’inquadratura: lo spazio si fa concavo e gli interpreti sembrano scivolare sulla superficie dello schermo come degli skaters su una pista. Non manca poi l’usuale ironia del regista, che sceglie per Flying Swords of the Dragon Gate una fotografia appositamente desaturata, come se si trattasse di un film hongkonghese di arti marziali degli anni ’50, dove l’esplicito gusto vintage si sposa perfettamente con una tecnologia altrettanto “antica”, quella del 3D.