Focus: vetrina sul Giappone

08/11/10 - Una “vetrina” sul Giappone, con l’intento di esplorare gli aspetti più peculiari, controversi...

(Dalla nostra inviata Caterina Gangemi)

08/11/10 – Una “vetrina” sul Giappone, con l’intento di esplorare gli aspetti più peculiari, controversi, spesso sconosciuti di una cultura estremamente ricca quanto complessa. Questo l’obiettivo della sezione Occhio sul Mondo | Focus curata da Gaia Morrione, che al 5° Festival internazionale del film di Roma ha tracciato un percorso trasversale, per tematiche e generi, all’interno della cinematografia nipponica in una selezione di sette pellicole rappresentative della produzione contemporanea del Paese e delle sue sfaccettature, tra horror, animazione, documentario e videoarte. Il compito di “aprire le danze” è spettato, appunto, al suggestivo Sakuran dell’artista Mika Ninagawa (presente al festival anche con una mostra fotografica), che per il suo esordio nel lungometraggio ha optato per l’adattamento dell’omonimo manga di Moyoco Anno. Ambientato nel quartiere a luci rosse di Yoshiwara, Sakuran è il racconto, tra favola e dramma, della formazione delle oiran, prostitute d’alto bordo, in una messinscena “postmoderna”, il cui taglio caleidoscopico e sensuale non riesce, tuttavia, a riscattare dalla mera figuratività una storia dai tratti fin troppo convenzionali.

Decisamente più convincente, pur nel suo rigore canonico di film durissimo e necessario, la prova di Banmei Takahashi, che in Box-The Hakamada case rivela al mondo la vera storia di uno dei più eclatanti casi giudiziari del Giappone contemporaneo, mettendo il dito nella piaga di un tema tanto controverso, quanto poco battuto dal cinema, quale l’esecuzione capitale.

Una visione, quella di Box, che offre altresì lo spunto per una piccola polemica sull’ottusità di un programma stilato in modo caotico e inefficiente, al punto di accavallare due dei titoli proposti: quello in questione, appunto, sul quale è ricaduta la nostra scelta, e Autumn Adagio di Tsuki Inoue, che essendo in proiezione unica (pertanto irrecuperabile) è assente dalla nostra panoramica. Si prosegue con i tre titoli “in condivisione”, a partire dal documentario Yoyochu in the Land of the rising sex (presentato insieme ad Extra) diretto da Masato Ishioka: vita, sfide e successi del regista e produttore di film per adulti Tadashi Yoyogi, conosciuto in patria come il “re del porno”. Lavoro parzialmente riuscito, per quest’unica pellicola non-fiction della “vetrina”, didascalica e ripetitiva, nel suo ripercorrere cronologicamente il lavoro del protagonista, e solo in parte riscattata, nei limiti dell’esoticità per il pubblico occidentale, dall’incursione in una sessualità eccentrica e bizzarra.

E con le anteprime internazionali Fuori Concorso non potevano certo mancare due generi icona del cinema giapponese come l’horror e l’anime. Nel primo caso con The incite mill 7 days death game del maestro della paura Hideo Nakata che, con questo Dieci piccoli indiani in salsa snuff, riesce a buttare alle ortiche, in una sceneggiatura fallace e dal ridicolo involontario, un’idea potente e accattivante come quella dei sette personaggi misteriosamente riuniti in uno sperduto bunker. Va meglio con il piccolo mondo di Arriety, ultimo lavoro dello Studio Ghibli di Hayao Miyazaki (qui in veste di produttore e sceneggiatore) per la regia dell’allievo Hiromasa Yonebayashi, spettacolare e poetica trasposizione della serie di racconti The Borrowers della scrittrice britannica Mary Norton sull’impossibile e tenera amicizia tra la “rubacchiotta”Arrietty e il solitario, giovane umano Sho.

Per chiudere la rassegna, infine, il migliore tra i titoli proposti: Toilet, produzione nippo-canadese firmata dalla giovane Naoko Ogigami. Con una regia asettica, quasi straniante, e uno humor caustico che richiama echi del miglior Solondz, Toilet offre il ritratto di una famiglia nord-americana molto particolare che, tra nevrosi e fobie, ritrova le proprie origini proprio nell’uso della stanza da bagno. Insomma, l’appartenenza si vede nel momento del bisogno, in un film originale e divertente, toccante senza cadute nel patetico, che non avrebbe certo sfigurato all’interno di un concorso -fatta eccezione per il meritatissimo vincitore – complessivamente privo di sorprese.