Garfield, Il supergatto

27/05/11 - Primo adattamento cinematografico a cartoon per il felino di Jim Davis: avventura in 3D che snatura il personaggio e delude anche i bambini.

Un personaggio non è un marchio, non è un logo che si può piazzare su qualunque prodotto: questo a Hollywood e dintorni dovrebbero capirlo per evitare di produrre opere improbabili come Garfield il supergatto, animazione di basso profilo in 3D in cui A.Z.Dippé e Lee Wonjae saccheggiano una storia altrui per appiccicarla al filmetto. La trama vede Garfield e il suo gruppo di amici coinvolto dai loro cloni extra-terrestri in una guerra per la salvezza dell’universo contro la malefica Vetvix, entrata in possesso di un arma che scombina le molecole. Già il plot della sceneggiatura scritta (perchè?) dal creatore del micione, ossia Jim Davis, dà l’idea di come questa avventura che si muove tra spettacolarità da science-fiction e sussulti horror faccia proprio a cazzotti con l’idea stessa del personaggio.

Le caratteristiche salienti del gatto disegnato diventano tutt’altro nel film, un pretesto, un punto di partenza per cui l’apatia, la golosità, la pigrizia sono i difetti da correggere per diventare un vero “gatto”, un eroe che fiducia in sé stesso, nel suo essere speciale: una morale da Disney di seconda mano che Dippé e Lee mescolano con un sottofondo metalinguistico macchinoso (i cartoni sanno di essere cartoni e girano le puntate delle loro storie, i fumetti prendono vita e si scrivono in tempo reale) che non ha senso visto il target infantile di gag e racconto. La sceneggiatura, con l’aggravante del peccato originale di fare del sarcastico Garfield un combattente, è priva di ogni briciolo di humour, senza gag né nerbo, con personaggi buttati a caso come le citazioni (il regista che assomiglia a Von Stroheim) e che ci mette due terzi prima di ricordarsi che il centro del film è Garfield; i due registi provano a infondere un po’ d’azione nella piatta vicenda – e gli effetti del super-scambio finale sono degni di miglior causa – ma il sottofinale, con un balletto romantico, che allunga il brodo per il minutaggio e per il 3D è ancor più fastidioso. L’animazione non sarebbe male per un prodotto home-video e il tratto paffuto è piacevole, ma se questa passa dal piccolo all’enorme schermo tridimensionale, il fallimento diventa totale. E imperdonabile.

EMANUELE RAUCO

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