I maghi del crimine

Il regista di Scontro tra titani Louis Leterrier si confronta con il thriller vecchio stampo, ma poi pasticcia con lo script e gli effetti speciali.

Truffe, ladri, rapine complicatissime congegnate talmente al millesimo che spesso sono corse contro il tempo: è lo scheletro di un filone classico del thriller, il cosiddetto heist-movie (film di rapina). Un filone mai esaurito che Louis Leterrier ravviva con la magia e la prestidigitazione in I maghi del crimine (Now You See Me) in cui l’action eccessivo o il fantasy più greve dei suoi film precedenti (Scontro tra titani, L’incredibile Hulk) lasciano spazio a una vena di classicità.
Il film vede una squadra speciale dell’FBI scaraventata in un gioco tra gatto e topo contro ‘I Quattro Cavalieri‘, un gruppo formato dai più grandi illusionisti del mondo che mette a segno una serie di coraggiose rapine ai danni di potenti e corrotti uomini d’affari durante i loro spettacoli, regalando la refurtiva ai loro spettatori, giocando sempre d’anticipo rispetto alla legge. Scritto da Ed Solomon, Boaz Yoakin ed Edward Ricourt, I maghi del crimine parte con tutti i crismi del film di rapina, thriller vintage in struttura, ritmo e scelte musicali (di Brian Tyler) che poi però cerca di diventare, e in modo incerto, qualcos’altro, un po’ fantasy occulto, un po’ action.

Il film infatti anziché strutturarsi sulla solidità che pellicole di questo tipo richiedono prova a scartare, a cambiare registro, a svariare sui temi che mette in campo: tocchi di fantascienza, atmosfere misticamente ingenue (l’Occhio che sarebbe il custode della vera magia e non dei trucchi), la storia rosa fondata sullo scontro culturale tra un agente FBI e una dell’Interpol (affiatatissima la coppia Mark Ruffalo/Melanie Laurent). E il tutto si mischia in modo sempre più confuso e parossistico fino al finale, tremendamente inconcludente. Il vero problema de I maghi del crimine sta proprio nella concezione di fondo, perché mescolare truffa e magia è un’arma delicatissima da maneggiare (guardare per credere The Prestige di Christopher Nolan, fatti i dovuti distinguo).
Perché se già in un film di rapina la sceneggiatura deve essere calibratissima e senza una sbavatura, se ci si aggiunge il gioco di prestigio il rapporto con lo spettatore deve essere lo stesso che esiste tra un mago e il suo pubblico, di fiducia assoluta: ma Leterrier anziché incantare lo spettatore lo inganna, usa la magia come alibi per i buchi di scrittura, gli effetti speciali come passe-partout, portando il suo pubblico a non credere a ciò che vede e quindi spegnendo il divertimento. Se a questo ci si aggiungono una regia e un montaggio ipertrofici e quella tendenza a esagerare in tutto che è propria della Hollywood contemporanea, ecco che I maghi del crimine diventa un’occasione mancata, sia come progetto cinematografico, sia anche per il modo in cui spreca le possibilità del cast di “maghi” mettendo da parte proprio il loro talento: da Woody Harrelson a Isla Fisher passando per Jesse Eisenberg sembrano tutti burattini in mano a un puparo ingombrante. Non proprio il massimo per dei novelli Robin Hood mixati con Houdini.

EMANUELE RAUCO