Il dilemma

05/05/11 - Ennesima commedia in cui Ron Howard si adatta ai gusti (sempre più scarsi) degli spettatori e dirige un film al servizio di Vince Vaughn e le sue facce.

Cosa fareste se scopriste che la moglie del vostro migliore amico se la fa con un altro? Lo direste alla vittima o chiedereste alla fedifraga di smettere di vedere il suo amante? Questo dilemma scuote i nervi del povero Ronny tanto da condurlo alle soglie della follia. Arrivato ai quaranta, l’uomo è in procinto di sposarsi, ma dopo aver scoperto che il matrimonio del suo migliore amico non è perfetto come credeva che fosse, entra in crisi e ne combina di cotte e di crude. Con Il dilemma Ron Howard torna alle note della commedia e confeziona un film per le corde di Vince Vaughn, che continua a proporci la solita maschera di bolso salsiccione americano. Ennesima commedia americana nella quale manca il valore di un’idea e di cui appare difficile fare una critica costruttiva poiché lascia davvero indifferenti al suo scorrere. Scialbo, inutile prodotto da multiplex che si posiziona come uno dei punti più bassi fra le regie di Ron Howard, che tornato alla commedia dopo molti anni forse ha dimenticato come si girano.

Il Richie Cunningham di Happy Days ha sempre dimostrato più che doti artistiche la grande capacità di sapersi adattare stilisticamente ai tempi che corrono sin dai suoi esordi dietro la macchina da presa. Non a caso l’unica cosa interessante delle sue opere è che possono essere prese a modello della qualità media del decennio nel quale vengono realizzate. Cocoon, Fuoco assassino, Apollo 13, A Beautiful Mind sono tutti figli del loro tempo e dei gusti di quella generazione di pubblico (che lo ha ampiamente ricompensato con discreti successi commerciali, mentre i suoi due film migliori The Missing e Frost/Nixon- Il duello sono stati dei flop). Così, un film come questo testimonia la sempre più scarsa qualità del prodotto medio americano che si fossilizza in una sempre minore qualità artistica e di scrittura. Howard, infatti, dirige solamente il traffico dei siparietti di Vaughn, che fra una crisi esistenziale e un’altra dimentica di costruire un personaggio e sembra così sempre se stesso; pena una prolissità piatta e ripetitiva di situazioni esasperate quanto monotone (la lotta con l’amante della moglie dell’amico ad esempio) nelle quali il suo personaggio viene a trovarsi. La pellicola abbozza un racconto sulle diverse fasi della vita di coppia, la speranza degli inizi e la crisi di un matrimonio, dove di maggior interesse appare la seconda, anche per merito del valore di un comico ironico e mimico come Kevin James (negli Stati Uniti divenuto popolare per la sitcom The King of Queens, qui passata inosservata) e delle doti recitative ampiamente riconosciute di Winona Ryder (poveraccia, mai carriera è stata stroncata in maniera più tragica) che la rappresenta. Mentre chi siano i personaggi dietro i volti di Vaughn e di Jennifer Connelly (qui in grande forma fisica) resta alquanto misterioso.

ERMINIO FISCHETTI

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