Domani, al Cinema Trevi di Roma, il tributo a un cantante con la sensibilità d’attore, interprete di tanti film di genere della fiorente industria cinematografica italiana anni ’70
(A cura di Lia Colucci)
03/06/09 – Abbiamo incontrato Aldo Caponi, in arte Don Backy, interprete ormai di culto del cinema italiano anni ’70, a cui il 4 giugno sarà dedicata una mini-retrospettiva, ospitata dalla Sala Trevi di Roma e curata da Gabrielle Lucantonio, dal titolo: Don Backy attore non per caso.
Don Backy come è arrivato al cinema?
Attraverso i primi musicarelli. Dopodichè partecipai al Festival di Sanremo con L`Immensità e Gianni Pulcini mi notò per “I Sette Fratelli Cervi” con Gian Maria Volontè. Strinsi una forte amicizia con Gian Maria, che mi impose anche in Banditi a Milano. Successivamente Lizzani mi confermò per Barbagia.
Cosa le piaceva del cinema?
Io ero e sono rimasto un cantante. Recitavo in maniera istintiva, del cinema mi piaceva l`adrenalina: anche se non mi sono mai sentito un attore, tutto quell`ambiente stimolava la mia sensibilità .
Cosa vedevano in lei i registi e i produttori?
Sto scrivendo la seconda parte di Questa è la storia, la mia autobiografia, la prima va dal ’55 al ’70 la seconda dal ’70 al ’80. E solo ora ho compreso che i produttori di allora ci usavano come specchietti per le allodole: quando il nostro successo scemava anche l`interesse dei produttori diminuiva.
Quale film l`ha più sorpresa?
Cani arrabbiati di Mario Bava è stato per quarant`anni senza uscire, poi è stato pubblicato in dvd e Quentin Tarantino ha detto di essersi ispirato proprio a questa pellicola per Le Iene.
Quale cinema rimpiange?
Rimpiango il cinema dei grandi attori, soprattutto di Poveri ma Belli che era lo specchio dell`Italia di allora. Il resto è tutto cinema per ragazzetti.