L’amore all’improvviso

30/10/11 - Larry Crowne: seconda regia per Tom Hanks, di nuovo in coppia con Julia Roberts per una commedia "recessiva" inerte e facilmente ottimista.

Che fine hanno fatto Tom Hanks e Julia Roberts? Star tra le più quotate a livello mondiale tra gli anni ’90 e l’inizio degli anni 2000, detentori di ben tre premi Oscar in due, da tempo si dibattono in un ambiguo pantano di preziose partecipazioni, quelle che giustamente si riservano alle star conclamate in cerca di qualcosa di diverso (v. Tom Hanks in versione performance capture in Polar Express di Robert Zemeckis, e Julia Roberts in piccoli cameo per George Clooney regista o Steven Soderbergh), o in film sonoramente sbagliati. L’ultima loro opera di un qualche rilievo l’hanno girata insieme nel 2007, La guerra di Charlie Wilson di Mike Nichols, film più intelligente che riuscito. E adesso, per cercare di ridare lustro alle proprie carriere, fanno di nuovo squadra, unendo le forze nel secondo film diretto dallo stesso Hanks in quasi vent’anni. E si rendono protagonisti di un bel tonfo, abbracciandosi allegramente nella caduta. Tonfo d’incassi in America, e tonfo artistico. Vedremo se in Italia il destino del film al botteghino sarà migliore. In America, evidentemente, il film è andato male perché anche oltreoceano sono un po’ stufi di sentirsi prendere in giro. Il Sogno Americano è finito da un pezzo, ma in tempi di devastante recessione economica può risultare vieppiù irritante una commedia di bovino ottimismo, girata con la mano sinistra secondo un’estetica minimale che, alla resa dei conti, rievoca standard da telefilm americano anni ’80.

Che ci racconta di bello L’amore all’improvviso – Larry Crowne (vivissimi complimenti, per inciso, ai titolatori italiani)? Di un bonario Larry Crowne, commesso in un ipermercato, che perde il lavoro di punto in bianco, come spesso capita ahimè in questo brutto periodo storico. Riscrittosi al college, incontra una bella insegnante di retorica, delusa anch’essa dal lavoro e dalla vita. E, grazie anche all’incontro con una serie di ragazzi compagni di studio, Larry riallinea a poco a poco le priorità, i piaceri della vita. Una “seconda possibilità” (mito che più americano non si può) che si nutre di una riscoperta giovinezza e di un istinto al downshifting, recente tendenza al vivere con meno. Vivere con meno soldi, meno responsabilità, meno pensieri. Senza il mutuo, per esempio. Larry compie questo percorso, e giunge a riscoprire se stesso e l’amore. Intento nobile, ma condotto secondo coordinate che innanzitutto non sai mai se dovute a scelta o a necessità. Sappiamo bene che al Tom Hanks regista piace stare lontano dalle grandezze dell’industria hollywoodiana e dedicarsi a piccoli budget per film indipendenti, ma la povertà della messinscena, la scarsissima varietà degli ambienti (tanto per restare all’abbiccì degli strumenti espressivi) fanno pensare piuttosto a una debole coscienza creativa. In più, se è apprezzabile il tentativo di legarsi a tematiche attuali e iniettare umori nuovi negli schemi della commedia romantica, è pur vero che l’assunto è risaputo e davvero inaccettabile. Non basta “pensare positivo” e abbassare le ambizioni. Questo è rinunciare a combattere, non vincere. No, signor Hanks, l’immortale mito del Sogno Americano, l’ottimismo alla Frank Capra, non è sufficiente per l’attuale recessione. E’ troppo tragica. Ci vuole più serietà, ci perdoni. Più serietà anche nel costruire una robusta commedia sul tema.

MASSIMILIANO SCHIAVONI

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