Le pelle che abito

19/05/11 - Almodovar porta in concorso un melò-thriller che rievoca Frankenstein, in cui Banderas pasticcia con la bio-genetica e oltrepassa la linea del buon gusto.

Dalla nostra inviata Lia Colucci

Ascolta la conferenza stampa al Festival di Cannes del film:

  • La pelle che abito
  • Arriva a Cannes numero 64 una ventata di novità, ma non è detto che il nuovo porti sempre bene, con l’ex enfant prodige Pedro Almodovar e uno dei suoi pupilli Antonio Banderas, La pelle che abito, questo il nome della pellicola in concorso sulla Croisette, liberamente tratta dal romanzo del 2005 Tarantula dello scrittore Theirry Jounque. Si tratta di un thriller-horror in cui il regista fa confluire tutti i suoi demoni preferiti, non pago dei soliti transessuali, omosessuali con tendenze lesbo, questa volta fa intervenire anche la bio-genetica a complicare la vita degli astanti. La storia è sufficientemente agghiacciante da stordire anche gli spettatori più audaci: Robert (Antonio Banderas) chirurgo plastico di fama internazionale, conduce degli esperimenti sulla ricreazione della pelle umana dopo che la moglie si è suicidata per le ustioni riportate in un incidente automobilistico, stessa fine farà la figlia Norma (Bianca Suarez) anche lei suicida per un tentativo di violenza durante una festa. In un bel gioco di flashback, ma sul fatto che Pedro sappia girare non ci sono dubbi, Robert rapisce, nasconde e quindi trasforma da uomo in donna lo stupratore Vicente (Jan Cornet), che finisce per diventare un’avvenente fanciulla e in seguito anche la sua amante. Ma Vicente divenuto Vera cova ancora un giustificatissimo rancore che si spegnerà solo con la violenza.

    Durante la conferenza stampa Pedro cerca una matrice cinematografica al suo film ma non è molto convincente quando dice di essersi ispirato a Fritz Lang poi evoca la mitologia dei Titani e addirittura Prometeo che rubò il fuoco agli Dei per darlo agli uomini. Diventa più chiaro quando dice di sentirsi vittima della sindrome di Frankenstein, sicuramente il romanzo di Mary Shelley ci sembra più adatto a questa occasione. Il regista non è alla sua prima volta sulla Costa Azzurra, infatti ha già vinto qui la miglior regia nel 1999 per Tutto su mia madre e nel 2006 si è guadagnato il miglior riconoscimento alla sceneggiatura per Volver. Con questo film, Pedro torna a lavorare con Antonio Banderas dopo circa vent’anni: la loro ultima collaborazione era stata in Legami, e adesso sembra essere rinato un nuovo sodalizio. A quanto pare finora un sodalizio nel segno della confusione sessuale e della follia irrazionale, anche se Banderas come al solito difende il maestro spagnolo dicendo che è ovviamente un genio e che è ovviamente un grande onore lavorare per lui. Ma il bell’ Antonio che ormai ha conosciuto anche la piazza americana chissà cosa pensa veramente del suo personaggio, comunque in conferenza stampa non ha fatto trasparire nessun sentimento. Deve essere per forza un grande attore.

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