Oro negro

12/09/11 - Fernando Solanas continua con grande potenza visiva a fare del documentario un'arma di liberazione e di conoscenza. Alle Giornate.

Fernado Solanas lasciò l’Argentina della dittatura di Pinochet. Visse in esilio per moltissimi anni ma al suo ritorno nel paese natale decise di analizzarne diversi aspetti della rinata democrazia: “Riflessione sugli errori del passato e proposte per migliorare le cose sono alla base dei miei lavori, soprattutto negli utimi sette film” afferma durante la presentazione di Tierra sublevada II: Oro negro alle Giornate degli autori della 68/a Mostra del cinema di Venezia. Oro negro, dopo Oro impuro è l’ultimo capitolo del viaggio nella storia dello sfruttamento delle risorse energetiche del paese sudamericano e la loro vendita a privati che ha sottratto risorse preziose all’Argentina e ha portato alla perdita di decine e decine di migliaia di posti di lavoro oltre alla distruzione, per inquinamento, di intere zone del paese. Film saggio dove emerge l’eroismo degli anonimi che lottano contro le multinazionali e la corruzione/saccheggio che il governo ha compiuto privatizzando le aziende del gas e del petrolio.

Il film è un’ottima sintesi di una società con forti dicotomie dove viene bandita la retorica a vantaggio di un’analisi lucida e da una cronaca precisa, anche grazie all’importante lavoro di ricerca sui materiali di repertorio: si parte con quelle del 1923 che documentano la nascita della prima azienda petrolifera di Stato, ad opera dell’ingegner Mosconi, fino agli scandali degli anni Novanta quando Memen concluse il piano di privatizzazione. Solanas affida prima ai dettagli di una trivella e poi ai campi lunghissimi di un territorio violato, il suo racconto che non ci risparmia neppure sue soggettive: modo ricercato e sottile per portare lo spettatore in prima persona dentro spazi di invivibilità sia morali che fisici. Inoltre i volti dei personaggi caduti in povertà e “nell’oblio dell’anonimato” – come li definisce l’autore – sono ospiti silenziosi e si uniscono allo sguardo consapevole del regista sul reale, specie sulla prevaricazione del sistema politico ormai corrotto a ogni livello.