Pater

18/05/11 - In Concorso l'esperienza metacinematografica di Alain Cavalier con il suo Presidente della Repubblica imprenditore che entra in politica.

Dalla nostra inviata Giovanna Barreca

Ascolta la conferenza stampa al Festival di Cannes del film:

  • Pater
  • Girato in digitale e con una serie di dialoghi fitti e spesso inutilmente esasperati, Alain Cavalier – a Cannes già con Thérése premiato nel 1986 e Le filmeur del 2005 – crea un film nel film dove i protagonisti “giocano” a fare gli uomini di potere: un regista e il suo attore feticcio Vincent Lindon che diventeranno rispettivamente il Presidente della Repubblica e il suo primo ministro con tanto di “foto-riprese di propaganda” con gli operai (e non a caso è stato scelto per l’operazione un panificio: il pane, abbiamo scoperto in questi giorni, è un vero oggetto di venerazione e rispetto per i francesi che lo preparano con cura e lo vendono a prezzi davvero popolari). Un film inteso come corpo: il percorso di una vita trascorsa sullo schermo a fare cinema, ad inserire in esso elementi per aiutare sempre lo spettatore a riflettere sulla società, si risolve poi nella realizzazione di un’opera in grado solo di parlarsi addosso perché la dinamica uomo di potere-attore (regista) non raggiunge mai un livello di analisi davvero interessante, la dicotomia racchiude il principio e la fine della storia. Sicuramente al pubblico della sala del Teatre Lumière, che gli ha attribuito un lunghissimo applauso (10 minuti raccontano le cronache), è piaciuta la narrazione sul filo tra documentario e fiction, il guardare l’oggetto dell’indagine ma soprattutto il messaggio politico. Questi i temi affrontati dal film: l’imprenditore che lascia tutti i beni e gli interessi di una vita per ‘scendere in campo’, il suo tentare scelte rivoluzionarie, come quella di rendere meno marcata la forbice tra salari manageriali e quelli degli operai, ha colpito al cuore una nazione sensibile che si pone tante domande (e non è prona come quella italiana).

    Ma nel concreto il discorso politico resta sterile perché esprime principi socialisti condivisibili pur non entrando mai nello specifico su come trasformare un discorso ideologico in discorso programmatico e praticamente applicabile. Quindi, secondo noi, non aiuterà – intento dichiarato dai registi – a “risvegliare un po’ il mondo”. Inoltre se Alain Cavalier avesse trovato un ritmo di narrazione diverso sarebbe riuscito a rendere la visione rivoluzionaria o almeno maggiormente gobilibe, con quelle tante e possibili chiavi di lettura che potevano portare al cinema l’intellettuale, così come lo spettatore meno cinephile che ammira da anni le commedie e i film di Vincent Lindon attore, sceneggiatore e regista teatrale e cinematografico.