Più come un artista

09/09/11 - Alle Giornate, Elisabetta Pandimiglio ci porta nel laboratorio dello chef Gennaro Esposito. Tra arte, dedizione e contemplazione.

Dalla nostra inviata GIOVANNA BARRECA

Dopo aver portato nel 2009 alle Giornate degli autori Mille giorni di Vito, documentario sulla condizione dei bambini (e delle puerpere) nelle carceri italiane, Elisabetta Pandimiglio torna con un documentario completamente diverso sia per tematiche che per scelte stilistiche, Più come un artista (nuovamente alle Giornate degli Autori, sezione Spazio aperto). Filmando sempre con una macchina stretta sui volti e sui luoghi di questo racconto, stavolta la regista punta tutta l’attenzione sul lavoro artistico e la passione che si celano nella preparazione dei piatti all’interno di una cucina, dove in primo piano viene messa la qualità nella scelta dei prodotti e la cura nella loro preparazione. Lo chef Gennaro Esposito ha voluto creare vicino a Napoli questo piccolo laboratorio d’eccellenza ed Elisabetta Pandimiglio, interessata inizialmente solo al ritratto del cuoco, si è poi trovata a contatto con una serie di volti e di storie all’interno di quella realtà, tanto affascinanti da farle decidere di trasformare il film in un racconto corale. Dall’inserviente che viene dal Bangladesh e, pur avendo già una fidanzata nel suo paese, trova belle le ragazze italiane, all’aiuto-cuoco amante della moda tornato dall’America con delle competenze ulteriori, a Fumiko giovane ragazza giapponese che deve un po’ sgomitare, a Flavia – tanto innamorata di quello che prima era solo un hobby – da lasciare al quarto anno la facoltà di giurisprudenza.

Attenta a restituire veridicità al racconto (i turni massacranti, la convivenza forzata negli spazi della cucina), Elisabetta Pandimiglio dissemina il film di dettagli significativi sugli oggetti e sui luoghi, integrandoli in un discorso coerente e rendendoli una costante della narrazione. A cominciare dalle lampade che sovrastano i piatti e li riscaldano prima dell’arrivo del cameriere, illuminano i volti di chi ci lavora sotto. Poi arriva la liberazione e la pausa del mare: Esposito contempla a fine turno la dolcezza delle onde, quelle onde che lo accolgono durante la giornata nei pochi istanti liberi dal lavoro. Pandimiglio riprende la superficie d’acqua leggermente mossa dalle bracciate del cuoco, timoniere di una nave che dimostra come la forza di volontà di un ragazzo partito dal nulla possa avere la meglio su tutto, ma anche a suggerire che, come una bracciata deve dar seguito a quella successiva, così l’ingranaggio perfetto di quei corpi che lavorano insieme all’interno della cucina, ha una sua unicità che non può essere spezzata. La macchina da presa scorre sull’acqua e poi torna a immergersi nuovamente nella cucina, nei suoi ritmi frenetici, lasciando comunque il ricordo di un ritmo, di un gesto guida.