Neruda

Inutile chiedersi la ragione per cui il cinema americano non può fare a meno dei remake. Tutto sta nella grossa lacuna creativa che da anni affligge gli studios e i suoi sceneggiatori, molto più facile adattare una storia già rodata e di successo. Questa è la volta di Oldboy, parte centrale della trilogia della vendetta del regista coreano Park Chan-wook, film che lo portò alla ribalta internazionale e probabilmente neanche uno dei suoi migliori.Spike Lee si spinge assai lontano dai suoi abituali temi per raccontare la storia di un uomo indegno, Joe Doucett, ubriacone, bugiardo e padre e marito assente, che viene tenuto prigioniero per vent’anni e un giorno rilasciato per poter salvare la figlia dalla morte. Svelerà il mistero, ma a un prezzo altissimo.Lee si mette al servizio della sceneggiatura di un esperto in remake, Mark Protosevich, già autore di Poseidon e Io sono leggenda, e svolge il suo compitino alimentare diligentemente, senza i picchi di Inside Man, ma comunque mantenendo la giusta tensione. Il resto lo fa la storia, in cui non mancano le scene che hanno fatto la fortuna dell’originale. Tutto si regge sulla bella performance di Josh Brolin, che ha fortemente sponsorizzato quest’operazione con lo stesso Park, assai convincente sia nella parte della prigionia che in quella successiva della ricerca, in cui viene accompagnato dalla sempre brava Elizabeth Olsen.Oldboy, pur nel suo essere una copia quasi conforme dell’opera originale, è comunque un prodotto d’intrattenimento di buon livello, a cui manca purtroppo la personalità del suo regista, sebbene Lee riesca comunque a fare un’interessante riflessione sulla colpa e sul castigo, temi a lui cari e sviluppati ben meglio nelle sue opere più personali.Assolutamente da non perdere la performance di Sharlto Copley, attore sudafricano che è senz’altro la più bella scoperta del cinema di Neill Blomkamp. Il suo villain barocco e sopra le righe inquieta davvero, e lo svelamento finale è un pezzo di bravura.

Alessandro De Simone per cinematografo.it