Sal

05/09/11 - In Orizzonti, James Franco sorprende ancora una volta per la sua versatilità con un film che estremizza il modello di John Cassavetes.

Dal nostro inviato ALESSANDRO ANIBALLI

Assurto a star hollywoodiana con la trilogia di Spiderman, James Franco con il corso degli anni si sta rivelando una personalità capace di travalicare ogni facile classificazione. Già più volte scrittore, regista e sceneggiatore, Franco conferma un notevole talento con il suo nuovo film, Sal, presentato in Orizzonti a Venezia 68. Sal Mineo è una figura ormai dimenticata nell’ampio firmamento hollywoodiano. Raggiunse il successo a soli 16 anni nel 1953 quando recitò al fianco di James Dean in Gioventù bruciata di Nicholas Ray, per poi morire in circostanze misteriose nel ’76. Ed è a Mineo, uno dei primi attori hollywoodiani a dichiararsi apertamente bisessuale, che Franco dedica questo film, esulando però dal classico biopic. In Sal infatti vengono registrate in maniera persino ossessiva le ultime 24 ore di vita di Mineo, costruendo la narrazione su una continuità temporale e adottando uno stile nervoso fatto di macchina a mano e primissimi piani che, nel cinema americano, trova riscontro solo nell’esempio di John Cassavetes.

Il Mineo riletto da James Franco suggerisce una totale identificazione tra le carriere e le scelte di vita delle due star, pur vissute in epoche diverse (lo stesso Mineo, come Franco, aveva intenzione di dedicarsi alla regia); il che, da un lato, induce a ri-classificare la figura di Franco come complessa personalità dello schermo e non semplice attore da copertina e, dall’altro, suggerisce un riferimento assai preciso al cinema americano degli anni ’70. Infatti oltre all’ambientazione storica e all’evidente modello di Cassavetes, Sal, girato con libertà assoluta in soli nove giorni di riprese, si riappropria del vero modello di cinema indie americano, quello libero e anarchico dei Seventies per l’appunto, e in tal modo smonta con un sol gesto tutta la recente – laccata e carina – produzione presuntamente indipendente made in USA. Fotografia sporca e macchina digitale low-fi, lunghe sequenze di dialoghi prive di ogni ammiccamento allo spettatore, un realismo estremo fatto di improvvisazione capace a tratti di svoltare in improvvisi slanci di astrazione: tutti questi elementi contribuiscono a fare di Sal la proposta più innovativa e incisiva degli ultimi anni per un cinema statunitense che voglia vivere al di fuori del contesto hollywoodiano. Infatti, quel che è fondamentale nell’impostazione di James Franco è l’assenza di qualsiasi tentazione nostalgica: Sal è un film che individua nel low-budget e nell’uso del digitale una fattibile riattualizzazione della libertà espressiva degli anni Settanta. E il fatto che a dare l’esempio sia un attore dovrebbe valere da monito per tanti presunti e decorati autori.