(dalla nostra inviata Laura Croce)
15/01/09 – Si comincia con la rievocazione, con i grandi film senza tempo che sono il termine di paragone obbligato di un presente cinematografico avaro di soddisfazioni. E quasi automaticamente ci si chiede perchè i Maestri abbiano abbandonato il campo, lasciando gli schermi nostrani preda di opere straniere o del cine-dolciume di turno. Anche andarsene è un modo di collaborare, risponde Ettore Scola, protagonista della quarta giornata del Festival Per il cinema italiano di Bari, che ospita un`ampia retrospettiva del regista. I suoi capolavori sono parte integrante della storia della nostra cinematografia, i suoi ricordi sono documenti su cui si potrebbero costruire non una, ma cento Lezioni di Cinema. Eppure questo big dimostra la sua grandezza lasciando spazio al tributo per i propri collaboratori, come il compositore Armando Trovajoli o come gli attori, con cui – spiega – ho sempre cercato di lavorare in opposizione agli stereotipi. A Mastroianni, che aveva fama di grande latin lover, ho fatto fare il gay, mentre Gassman mi appariva fragile sotto quella corazza di sicurezza e volontà , così gli ho dato un ruolo di un indeciso, di un uomo che non sa scegliere, nè in politica nè nella vita. Immancabile poi, un pensiero per Fellini, per l`esperienza sul set di C`eravamo tanto amati, dove con lui condivise anche più di una serata particolare.
Scola parla di quel periodo senza trionfalismi ma anche senza remore: non penso che si possa mitizzare la commedia all`italiana, semmai questo onore spetta al neorealismo, di cui la commedia è figlioccia. Anche quei film però hanno avuto un ruolo nel formare la coscienza della popolazione, così come ce l`ha oggi