Sguardi sonori

29/12/10 - Un altro mondo: l'esistenzialismo sonoro di Arnaldi per il film di Muccino...

Sguardi sonori

Un altro mondo: l’esistenzialismo sonoro di Stefano Arnaldi per il film di Silvio Muccino

(Rubrica a cura di Emanuele Rauco)

29/12/10 – E’, e probabilmente sarà, uno dei più rumorosi flop di questo finale di 2010: Un altro mondo, nuovo film di Silvio Muccino, ha convinto poco la critica – e questo era immaginabile visto il modo enfatico e inadatto che ha di approcciarsi alla regia – e ancor meno il pubblico che ha praticamente disertato le sale in cui veniva proiettato. Se c’è però una cosa che Muccino jr sa fare è scegliersi i collaboratori musicali.

sguardi-sonori-interno.jpgStavolta, per musicare il suo film, ha chiamato Stefano Arnaldi, autore delle colonne sonore di Liberate i pesci di Comencini e Quando Harry divenne un albero di Paskaljevic: autore etereo, amante di sonorità sospese dal sapore di world-music che qui ha il compito di raccontare per note lo spaesamento del protagonista nella propria terra e la scoperta, appunto, di un altro mondo. Per farlo, con l’aiuto dell’Orchestra sinfonica nazionale ceca, usa soprattutto l’atmosfera e gli arrangiamenti rarefatti di piano e strumenti percussivi: Ci sono persone, pezzo che accompagna la voce over nel prologo, è già indice della ricerca sonora, che orecchia l’etnico a guarda a Thomas Newman (American Beauty) e che diventa ora più ritmica e incalzante (Il viaggio), ora più sinfonica e inquieta (Africa), più sognante (La prima notte a Roma) o più avvolgente (Un altro mondo).

A completare lo score 8 canzoni: da segnalare, oltre la pubblicizzatissima Secret Garden di Springsteen (che però non c’è nel disco edito da Radiocattleya), la dolcissima Poses di Rufus Wainwright, la coinvolgente Hurdy Gurdy Man di Donovan e l’imperdibile classico di The Temptations Just One Last Look. Un lavoro fin troppo ricco, che sa evidenziare benissimo la sincerità e l’eccessiva “ispirazione” dei suoi autori – Muccino e Arnaldi – ma non riesce a smussarne i difetti. Anzi, specie per il primo, quasi se ne fa un vanto.