#TFF38 Fuori concorso Calibro 9 di Tony D’Angelo

L'autore napoletano porta al festival torinese un poliziesco ricco di azione, sequel di Milano calibro 9 di Fernando Di Leo, girato nel 1972 e che, come il miglior cinema di genere, intrattiene portando lo spettatore a riflettere su tematiche di stretta attualità politica e sociale. La nostra intervista, in esclusiva, al regista napoletano.
Intervista a Toni D’Angelo a cura di Giovanna Barreca

Un omaggio al genere, al cinema degli anni ’70, un sequel, un film che restituisce perfettamente la fenomenologia mafiosa. Calibro 9 di Tony D’Angelo, presentato fuori concorso alla 38ma edizione del Torino Film festival è tutto questo, oltre ad avere il pregio di lavorare sulla “velocità” delle scene, così come veloce oggi è il modo di circolare del denaro, a quarant’anni di distanza da Milano, calibro 9 di Fernando Di Leo del 1972 dove protagonista era anche una valigetta piena di banconote.

Protagonista del film è Fernando, il figlio di Ugo Piazza (Gastone Moschin che nel primo film era sospettato dai suoi compari di avere intascato 300 000 dollari e moriva, tradito dalla sua donna), che nella Milano dei giorni nostri è un avvocato milanese molto apprezzato. Apparentemente ligio al lavoro e pronto a rinnegare tutto ciò che fece il genitore, commette un grave orrore, impossessandosi di denaro della ‘Ndrangheta in una truffa che corre sui circuiti telematici e fa rimbalzare 100 milioni di euro tra diverse piazze di tutto il mondo. L’uomo, interpretato da Marco Bocci, riuscirà -anche grazie ad una sorta di angelo custode (Ksenia Rappoport) – a restare vivo e tenersi il malloppo estorto alla criminalità organizzata ? A complicare il tutto un poliziotto (Alessio Boni) dalla natura inquieta.

La tensione corre alta per tutto il lungometraggio e mentre cerchiamo di capire la psicologia dei personaggi veniamo risucchiati dal vortice di immagini, rimbalziamo da una città ad un’altra (da un tetto all’altro in un’ottima scena di inseguimento sui tetti di Milano) e come sa fare la buona narrazione di genere, intrattenendo lo spettatore, lo porta a riflettere su tematiche attuali Qui si arriva a capire meglio persino le collusioni che la malavita ha con la politica di alto livello e si immagina un G20 con il leader italiano e quello tedesco che si siederanno ad un tavolo non così onorevole.

Come specifica D’Angelo, non è necessario vedere l’originale per seguire e appassionarsi al suo film ma sicuramente aver visto il film di Di Leo permetterà agli spettatori di apprezzare alcuni dettagli e sorridere per alcune citazioni volute.

Abbiamo iniziato la nostra intervista col regista napoletano, chiedendogli il suo rapporto con Milano calibro 9 che ricordiamolo, è tra i film più amati anche da Quentin Tarantino e che il regista apprezza per i personaggi molto empatici; poi abbiamo indagato l’aspetto drammaturgico dell’opera e come ha lavorato per rendere credibile il racconto, basato anche su fatti realmente accaduti e poi romanzati nel film.

Nel film anche Michele Placido,Paco Reconti, Antonio Zavatteri e Gianluca Guidi e un cameo di Barbara Bouchet, già moglie di Ugo Piazza nel film di Di Leo, qui nella veste di madre del loro figlio Fernando.

giovanna barreca