The shift: tensione per entrare negli angoli oscuri del disagio

Alessandro Tonda presenta alla Festa del cinema di Roma, in selezione ufficiale, il suo primo lungometraggio. L'autore usa sapientemente il cinema di genere per spingere lo spettatore ad interrogarsi sul fondamentalismo islamico e sul disagio adolescenziale, soprattutto nelle periferie. La nostra intervista al regista e ad Adamo Dionisi.
Intervista ad Alessandro Tonda e Adamo Dionisi a cura di Giovanna Barreca

Due paramedici (Clotilde Hesme e Adamo Dionisi) a fine turno discutono davanti ad un caffè e la donna, divorziata e madre di un adolescente, non si spiega perchè il figlio voglia passare le vacanze con il padre in Turchia. Nel frattempo, in un’altra parte della città di Bruxelles (capitale dell’Unione europea) un gruppo di studenti è su un bus diretto verso la scuola. Da quando il gruppo scende dal mezzo pubblico, la macchina da presa lo segue, ascolta i discorsi dei giovani e permette allo spettatore di esserne parte fino a quando non attraversano il cortile ed entrano nella scuola. Questa totale immersione nel gruppo permettà di vivere come un vero shock ciò che accadrà subito dopo.

Con un pianosequenza perfetto inizia The shift di Alessandro Tonda, presentato nella sezione ufficiale della Festa del cinema di Roma. Sicuramente un film di genere che sfrutta la tensione che lo spettatore vivrà subito dopo le due scene narrate per aiutarlo a riflettere sul perchè il fondamentalismo islamico nasca soprattutto in situazioni di disagio dove il più delle volte l’adolescente fragile non si sente ascoltato dagli adulti di riferimento e si affida a chi, colpevolmente, lo avvicina per usarlo. E proprio questa scelta iniziale mette in campo tutti gli elementi di base che l’autore, alla sua opera prima, voleva esplorare.

Sorprende positivamente il coraggio del regista di proseguire un racconto molto serrato, privo di sbavature, tutto all’interno di un’ambulanza dove si consumeranno i destini dei tre personaggi principali del film: un giovane belga di origini musulmane (Adam Amara) e dei due paramedici Isabelle e Adamo. Come una sorta di controcampo, il destino dei tre è anche legato a ciò che viene deciso nella centrale di controllo della polizia locale dove vengono chiamati i genitori del giovane e dove ci si interroga sul ruolo dell’infermiera, ex moglie di un uomo di origine musulmana.

Di più non vogliamo svelarvi per non privarvi del piacere di scoprire gli accadimenti durante la visione del film; il tempo reale e quello della storia coincidono e tutto inizia e finisce nell’arco di una mattinata.

I set di Romanzo criminale, Gomorra-la serie, Suburra sono stati sicuramente un’ottima palestra per il regista torinese ma è evidente che il grande lavoro preparatorio e la scrittura di un’ottima sceneggiatura (di Tonda con Davide Orsini) sono stati gli elementi che poi hanno reso più semplice il lavoro sul set  (e di regia) e la possibilità di mettere lo spettatore in dialogo con i personaggi protagonisti. Infatti l’impianto narrativo, freddo e pieno di tensione, è stato costruito su un percorso di graduale evoluzione dei personaggi e delle situazioni senza che tutto questo portasse ad un’affascinazione nei confronti del “cattivo” ma che l’emozione provata nei suoi confronti spingesse ad una profonda riflessione su cosa stia davvero capitando nelle nostre periferie, nella nostra Europa e, più in generale, agli adolescenti abbandonati a loro stessi.

Come in ogni thriller che si rispetti, grande forza ha la colonna sonora e qui i Mokedelic sono stati attenti a creare musiche di grande atmosfera che permettessero allo spettatore di comprendere gli stati d’animo dei tre protagonisti, anche quando il film non abbondava, giustamente, di dialoghi. Ottimo il lavoro sui suoni che restituisce perfettamente la tensione vissuta da una città improvvisamente sconvolta e sotto assedio terroristico.

giovanna barreca