Tra cinque minuti in scena

Tra cinque minuti in scena, esordio alla regia di Laura Chiossone, racconta il vero rapporto tra Gianna Coletti e la madre attraverso il teatro e la docufiction

Nasce da un documentario Tra cinque minuti in scena, film d’esordio di Laura Chiossone, e al documentario, in un certo senso, ritorna. Il progetto di sondare i rapporti tra figli e genitori quando questi ultimi non sono più auto-sufficienti e bisognosi di cure diventa il racconto della storia vera di Gianna Coletti e della madre Anna, del loro rapporto dolente e vitale.
Gianna è una figlia, con una madre anziana e molto ingombrante di cui prendersi cura. È anche un’attrice, con uno spettacolo teatrale da portare in scena tra mille difficoltà. Non da ultimo è una donna, con una storia d’amore in punta di piedi cui è difficile trovare spazio. Scritto dalla regista con Gabriele Scotti, Francesca Tassini e Marco Malfi Chindemi, Tra cinque minuti in scena è un esperimento di docu-fiction in cui le riprese della vita delle Coletti si sovrappongono con lo spettacolo teatrale, cinema verità e Nel bel mezzo di un gelido inverno, che diventano specchio l’uno dell’altro.

Biografico in vari tipi di sfumature, da quella intima a quella professionale, il film racconta la difficoltà di un rapporto genitore/figlio quando i ruoli si ribaltano, quando le costruzioni emotive di una vita, i “rapporti di potere” come li definisce la stessa Chiossone, si ribaltano e scombinano i piani, il naturale scorrere della vita. Un rapporto ingombrante, certo, ma che si colora di diversi stadi di affetto e amore: così la crudezza dolce di un lavaggio – che apre il film – si sposa con la vitalità di una donna che ha “vissuto troppo”, che amava l’arte e lo spettacolo, e ora è costretta a vivere cieca e malata. Questi elementi si specchiano nella costruzione scenica e nella messa in abisso del teatro, come da tradizione: peccato che alla riuscita delle parti documentarie, alla sincerità emotiva che ne esce, la convenzionalità della trama teatrale e della sotto-trama tra regista e attrice straniera stona e non aiuta Chiossone a trovare un costante ritmo interno.
La ricerca di diversi piani linguistici che rendano il ribollire personale della protagonista è interessante, ma non riesce sempre a trovare il suo ritmo interno. Però nei duetti tra le due protagoniste, nella quieta disperazione della signora Coletti e nella verve nascosta di Gianna Tra cinque minuti in scena trova la sua ragion d’essere (Gianfelice Imparato, con la solita classe, sembra un po’ sprecato e avrebbe potuto dare di più) e si fa breccia nel cuore dello spettatore trovando, si spera, uno spiraglio per essere apprezzato.

EMANUELE RAUCO