trailersff: apre Avati

24/09/2010 - Arrivati in una lucente Catania nel pomeriggio di ieri siamo stati immediatamente...

(Dalla nostra inviata Giovanna Barreca – foto di Melania Mertoli)

24/09/2010 – Arrivati in una lucente Catania nel pomeriggio di ieri siamo stati immediatamente portati in uno dei luoghi più importanti dove il Trailers filmfest è nato e cresciuto in questi otto anni.
Nella facoltà di Lettere e filosofia (ex monastero dei Benedettini, una struttura in marmo bianco con ricchi ornamenti interni ed esterni, risalente in parte al XVI secolo) avvengono gli incontri-lezioni di cinema che, insieme al concorso di trailers nazionali e internazionali, sono il cuore di questa manifestazione anche perché permettono alla città e agli studenti di confrontarsi con l’esperienza di chi il ‘mestiere del cinema’ lo pratica e di chi lo studia cercandone nuove forme e linguaggi.
Il regista Pupi Avati è il primo ospite che dalle 16 incontra gli studenti e dopo un paio di battute, l’autore di oltre 42 film per il cinema, senza contare le produzioni per la tv, entra nel cuore della sua lezione per raccontare come: “il cinema mi ha amato e io ho amato il cinema”, come il cinema sia sempre stato: “il modo di dire al mondo chi sono”.
Avati vuole spiegare ai ragazzi che ci deve essere in loro la “capacità di ascoltare prima ancora di esibirmi”, di ricercare la propria identità perchè l’avere una propria personalità è fondamentale esattamente come il saper riconoscere il talento, differenziandolo dalla passione. Ha utilizzato il racconto dell’amicizia- scontro iniziale con il talento di Lucio Dalla, presente anche nel suo film “Quando arrivano le ragazze” per spiegare come per lui fu traumatico e fondamentale da giovane capire che la sua per il clarinetto era passione ma che il dono era un’altra cosa: “Quel trauma mi portò al mettersi nuovamente in gioco e mi permise di arrivare al cinema” scoperto grazie al film di Fellini “8 ½ “ perchè “per la prima volta – precisa il regista – capii chi è un regista, cosa rappresenta davvero questa figura”.
Poi ha parlato di creatività, del saper contemplare l’inverosimile perchè “chi vuol fare questo mestiere non può basarsi solo sulla ragione”, e degli archetipi della sua vita che risalgono al periodo dell’infanzia passato dai gesuiti. Termina la lezione ricordando ai ragazzi che, soprattutto quanto vorranno farsi conoscere, la prima cosa importante sarà dimostrare di saper raccontare una storia.
Prima di lanciare l’aula, la proiezione del trailer del suo nuovo film, in uscita l’8 ottobre “Una sconfinata giovinezza”con Francesca Neri e Fabrizio Bentivoglio che il regista stesso definisce “la prima storia d’amore raccontata in modo totalizzante” . Entrato in contatto, per motivi familiari, con una malattia devastante sotto molti punti di vista, come l’alzheimer, Avati si è ulteriormente concentrato e confrontato con il concetto del tempo. “Quando il mio parente ha iniziato a confondere i periodi abbiamo iniziato a conoscere degli aspetti di lui che ci erano ignoti”.
Protagonisti del film sono una coppia che non ha potuto aver figli e questa tragedia ha reso ancora più intenso il loro legame. Quando l’uomo si ammala e regredisce fino a tornare all’infanzia, diventa pian piano il figlio che la donna non ha mai avuto.
“Ho capito che per curare la degenerazione delle cellule celebrali, la miglior terapia è l’amore” conclude Avati.