Un film su Mino Pecorelli

La Cosmo production di Elide Melli produrrà il film sul giornalista ucciso la sera del 20 marzo 1979 e la sceneggiatura poggerà sul libro La strage continua - la vera storia dell'omicidio di Mino Pecorelli di Raffaella Fanelli (anche sceneggiatrice del film) che, attraversa una sua scrupolosissima indagine, ha scoperto il vero movente e il mandante. La nostra intervista in esclusiva a Fanelli.
Intervista a Raffaella Fanelli a cura di Giovanna Barreca

Il giornalismo d’inchiesta comporta anni di lavoro fatti di ricerche, di interviste, di fonti da scovare, di approfondimenti scrupolosi, di archivi da studiare per arrivare alla verità. Raffaella Fanelli nella nostra intervista ci ha raccontato la sua indagine per scoprire il mandante e il vero movente dell’omicidio del giornalista di Osservatore politico Mino Pecorelli, brutalmente ucciso con 4 colpi di arma da fuoco la sera del 20 marzo 1979. “Un primo colpo gli viene sparato in pieno viso. In bocca. Una bocca da chiudere” precisa. Un’inchiesta che sulla pagina scritta si è trasformata nel giallo dal titolo: La strage continua – la vera storia dell’omicidio di Mino Pecorelli. Un libro che presto la scrittrice e uno sceneggiatore italiano di grande fama useranno come base di partenza per la scrittura della sceneggiatura di un lungometraggio che ripercorrerà la vita dell’uomo e del giornalista nato a Sessano del Molise nel 1928.

La Cosmo production di Elide Melli produrrà il film su quello che nel libro, tra le diverse pagine, viene definito: “Un giornalista d’inchiesta che pubblica notizie. Un giornalista che mette in circolo tutte le notizie, nessuna esclusa, che riesce a raggiungere. Lasciando all’intelligenza e alla libertà dei suoi lettori analisi e giudizi.  Un giornalista che si è trovato persino ad anticipare la magistratura con le sue inchieste e forse, proprio una di queste, gli è costata la vita”. Fanelli vuole mettere fine anche ad anni di menzogne perchè di Pecorelli hanno detto che era un ricattatore e invece era un giornalista scomodo, non a servizio dei potenti ma anzi, da democristiano non ha mai fatto sconti alla sua parte politica. Paolo Patrizi, un suo collaboratore al giornali ricorda: “A Mino piaceva attaccare i potenti. Cambiava parte spesso e sembrava volesse colpire quegli stessi che la settimana prima aveva difeso. Aiutato. Pubblicava documenti riservati, compromettenti. Non guardava in faccia nessuno”.

L’autrice presenta una chiara ricostruzione (con documenti inediti, con interviste esclusive e con le stesse pagine scritte da Pecorelli) che ha spinto la stessa magistratura a riaprire il caso a distanza di quarant’anni e la Federazione Nazionale della Stampa si è, per la prima volta, costituita parte offesa accanto ai familiari di Mino Pecorelli dopo anni di silenzio e giornalisti che invece di riabilitare la figura del collega, hanno contribuito a gettare fango sul suo operato.

Una nuova inchiesta nelle mani del magistrato Erminio Amelio che tutti ci auguriamo porti a conoscere la verità e ottenere giustizia per Pecorelli e aiutino l’intero Paese a far un po’ più di luce sulle tante ombre di quel periodo storico. Gli anni di piombo con le tante stragi che insanguinarono di morti innocenti l’Italia, con intrecci che il giornalista aveva scoperto. “Già nel marzo del 1979 Mino Pecorelli aveva recuperato la maggior parte dei documenti che cercava. Carte scottanti, sufficienti a far saltare piani di eversione e colpi di Stato. A fermare quella strage continua culminata con le 85 vittime innocenti di Bologna. Avrebbe spezzato quel filo nero che dal maestro venerabile della P2 passava dal cuore dello stato e finiva agli estremisti di destra, col tramite di agenti dei servizi e faccendieri assoldati per depistare le indagini”. E Fanelli continua qualche pagina più avanti: “Gli ultimi articoli pubblicati su OP provano però che era nel losco passato di Licio Gelli che il giornalista stava rimestando, tanto che il Venerabile cercò di avere contatti con Pecorelli per metterlo a tacere, per fermare la sua pericolosa, perché documentata e veritiera, campagna giornalistica”.

Il pregio di questo libro d’inchiesta è quella di essere scritto come un giallo dove la giornalista conversa con un collega in uno studio radiofonico e il lettore vuole, con loro, conoscere e capire perché in quell’Italia un giornalista scomodo doveva essere messo a tacere. Un giornalista diventato tale dopo aver esercitato la professione di avvocato con successo; professione alla quale, forse, sarebbe anche tornato a fine carriera. Forse dopo aver terminato l’inchiesta su Licio Gelli e la struttura di potere che intorno al Veneabile si era coagulata. “Pecorelli sapeva del coinvolgimento di Gelli e di Avanguardia nazionale nel golpe borghese e la conferma arriva dall’ultimo appunto. Il nome di Gelli e il suo ruolo nel golpe, ovvero la cattura del presidente della Repubblica Saragat”.

Tutte le stragi del nostro paese sono legate a stretto giro e anche quelle che pensiamo da sempre siano solo omicidi di mafia (Mattarella, Falcone, Borsellino) sono invece riconducibili a intrecci molto più complessi da decifrare. Tanti scenari nascosti, tanti protagonisti: P2, Avanguardia nazionale, Ordine nuovo, mafie, Stato. Vinciguerra condannato all’ergastolo (non ha mai chiesto sconti di pena o altro) ha detto alla giornalista, in una delle pagine più sconvolgenti del libro: “Attribuisco allo Stato una responsabilità nel terrorismo e nelle stragi. E continuo ad affermarlo pagando un prezzo elevatissimo all’interno del carcere. Perché quando si parla di estrema destra si parla di Stato e delle sue Istituzioni. Di uomini e gruppi che agivano per lo Stato con il compito di portare questo paese a una svolta autoritaria in funzione anticomunista. Ordine nuovo era una struttura paramilitare appoggiata e sostenuta dalla Nato che operava con armi fornite dalla stessa Nato”.

giovanna barreca