007 – Quantum of Solace

06/11/08 - La prova del nove: dopo la rinascita di Casino Royale, l'aver rimpastato il personaggio sfruttando...

007 – Quantum of Solace
Il nuovo corso, tra classico e moderno

06/11/08 – La prova del nove: dopo la rinascita di Casino Royale, l’aver rimpastato il personaggio sfruttando la contemporaneità e mettendo da parte le debolezze sedimentate in 40 anni, ora è il momento di testare la solidità del progetto, e del suo nuovo frontman, Daniel Craig. Si conferma il team di scrittura, si dà la regia a Marc Forster e si cerca di provare a reinserire il mito nell’onda di una saga, pur sempre rinnovato. Ne esce un film stringato e sicuro, puro Bond degli anni ’00. Alla caccia del Mr.White coinvolto nella morte dell’amata Vesper, Bond s’imbatte in Dominic Green, un affarista che compra terreni desertici in cambio di finanziamenti a dittatori e tiranni del terzo mondo. A quale scopo e che c’entra con Vesper, Bond lo scoprirà nello script degli sceneggiatori ufficiali Neal Purvis e Robert Wade, affiancati come nello scorso film da Paul Haggis, che creano un thriller spionistico dallo stampo classico, ma ravvivato dalle infiltrazioni moderne ormai necessarie, più ricco d’azione del precedente, ma anche coperto da un’ombra scura, tesa a velare i personaggi.

Dominato dalla sabbia come elemento predominante (e lo si vede fin dai bellissimi titoli di testa di MK12), il film oltre all’introspezione psicologica sui temi della vendetta, delle reazioni personali e alla descrizione di un Bond grezzo e duro, un assassino puro senza alcuno scrupolo nè criterio tattico, racconta anche del mondo d’oggi, combinando elementi politici classici (l’America che aiuta le dittature) e moderni (siccità e surriscaldamento globale), mettendo in campo i governi. E fin dal prologo a tutta velocità , il film si pone secco, stringato, senza fronzoli, con una struttura e un impianto classico – a dimostrare che il mito può ancora durare dopo il rinnovamento, una confezione invidiabile (memorabile la corsa a piedi per Siena o l’allestimento della Tosca), magari non travolgente come il precedente, ma convincente. La sceneggiatura mescola la classica avventura bondiana con i toni nuovi, accelera nell’azione per poi chiudersi in piccoli crepuscoli, usa il cattivo e l’intreccio come pretesti e costruisce una Bond girl superficiale, ma sa farsi tenere in pugno dalla regia di Forster, tesa e nervosa, coerente con l’impianto, aiutata da un montaggio furioso e da qualche idea interessante. Craig si conferma tosto, duro, implacabile, un Bond feroce in linea coi tempi: le basi per un nuovo e vero ciclo sono poste, si spera che Wilson e Broccoli (i produttori) sappiano sfruttarle.

(EMANUELE RAUCO)