Camera Oscura

22/12/08 - Interrompendo un attimo le analisi sugli horror puri, ho deciso di riguardarmi questa chicca...

(Rubrica a cura di Andrea Iannone)

BRAINDEAD
di Peter Jackson (Nuova Zelanda, 1989)

Splatters – Gli schizzacervelli

22/12/08 – Interrompendo un attimo le analisi sugli horror puri, ho deciso di riguardarmi questa chicca. Ebbene, anche il regista premio Oscar del “Signore degli Anelli” ha iniziato con film apparentemente beceri e rozzi come le prime due opere splatter (il film d`esordio è “Bad Taste”, che parla di alieni che, per aprire un catena di fast food intergalattico, vengono sulla Terra per fare scorta di carne umana). In questi primi lavori troviamo molte soluzioni visive che poi arricchiranno tutti i film a venire, come l`uso degli obiettivi grandangolari in veloci avanzamenti della macchina a mano che deformano i volti, o l`uso di modellini (disegnati dal regista) ed effetti di trucco molto complessi (si pensi agli orchi del “Signore degli Anelli”). Il sottogenere splatter è una fucina di talenti, che ha sfornato, oltre a Peter Jackson, alcuni dei più grandi nomi del cinema contemporaneo: Cronenberg, Scorsese, Cameron per dirne alcuni. Forse nessun altro genere è in grado di insegnare a un giovane regista in che modo fondere la creatività  dei suoi collaboratori con la propria per conseguire il risultato finale. Come le pellicole di qualunque genere, uno splatter è un grande laboratorio in cui diverse tipologie d`artisti, consci della propria importanza nel raccontare quella storia sullo schermo, lavorano insieme per ottenere un prodotto.

Il cinema, si sa, è un lavoro di squadra coordinato dal regista. Ma nello splatter, più che negli altri generi, lo sforzo collettivo e di gruppo diventa, soprattutto per i budget e le troupe ridotte della maggior parte di questi film, fondamentale e imprescindibile per arrivare a un prodotto così ricco d`ingegno e dunque d`energia e dinamismo. Gli effetti sanguinolenti possono piacere o far nascere disgusto. Lo splatter, dunque, diventa genere di nicchia, o meglio, cult, per chi ha un senso dell`umorismo macabro. Nè si pone problemi morali sulla rappresentazione della violenza più estrema nè si compiace sadicamente nel mostrarla (come invece accade in film horror più cupi come “Saw”). E in questo consiste un altro suo punto di forza. La morte perde le sue connotazioni più temibili e viene messa alla berlina, gettata in un mare di budella e sangue, come avviene nella scena finale di “Braindead”. Ciò che gli uomini hanno sempre temuto più di ogni altra cosa diventa occasione di scherzo e di risata.