Captain America

21/07/11 - La Marvel propone al cinema il suo eroe più nazionalista. Sorprende, in negativo, la scelta di non aggiornarne le caratteristiche. Così, è propaganda pura.

A breve distanza dall’uscita di Thor e X-Men l’inizio, ecco un altro adattamento da un fumetto Marvel, Captain America che già con il sottotitolo – Il primo vendicatore – segnala apertamente il lavorìo preparatorio e promozionale che si sta facendo per approdare al film I vendicatori, in cui si dovrebbero riunire Iron Man, Hulk, Thor e Capitan America. Quest’ultimo però presenta – verrebbe da dire ontologicamente – delle problematicità relative al suo essere al mondo: nato poco prima dell’ingresso degli USA nella Seconda Guerra Mondiale, il personaggio di Capitan America è il più nazionalista della compagnia. Quel che sorprende perciò in prima istanza è un fattore di ordine meramente ideologico: l’ingenua propaganda del Cap. America bellico viene qui riproposta senza alcun tentativo di aggiornamento. Capitan America è un eroe senza macchia e senza paura che, superato l’iniziale handicap delle sue scarse potenzialità fisiche, è privo di qualsiasi tormento caratteriale. E la cosa, se può servire per far arruolare qualche povero cittadino americano, non funziona però al cinema dove serve un protagonista che abbia delle opacità. Invece il regista Joe Johnston ci presenta un rappresentante assoluto del Bene, perfettamente a proprio agio con i suoi poteri e privo ad esempio dei sensi di colpa di uno Spiderman. Cap. America è un puro vettore impegnato sempre a correre dritto davanti a sé per uccidere i nazisti cattivi, un supereroe che si innamora di una donna per il semplice motivo che anche lei è una patriota e per di più indossa una divisa.

Di suo, il protagonista Chris Evans ci mette ben poco. Monoespressivo e privo di una presenza magnetica sullo schermo, l’attore che incarna il Cap. America conferma le perplessità che aveva già suscitato nel ruolo della Torcia Umana ne I fantastici 4. E la monodimensionalità del personaggio, così come quella dell’attore, si riscontra in tutti gli altri elementi del film, da una regia decisamente piatta (dove ancora una volta il 3D è usato pochissimo) a una sceneggiatura priva di ritmo oltre che piena di sviste. Poi, diversamente da quanto accade di consueto nei blockbuster, manca in Captain America una sponda per la lettura “adulta” del film: è quasi del tutto assente l’elemento ironico, affidato a qualche breve sortita di Tommy Lee Jones (non a caso, l’unico che riesce a salvarsi nel grigiore complessivo). L’ironia, se la ritroviamo in buona dose in un blockbuster in sala in questi giorni come Transformers 3, era anche molto presente in un altro prodotto Marvel abbastanza affine a Captain America, e cioè in Iron Man. Detto ciò, oltre alla mera necessità strumentale di fare da apripista ai Vendicatori, si ha il sospetto che se il film verrà ricordato negli annali sarà soltanto per rilevare come ben poco abbia influito nel cinema delle major la politica obamiana. Guardando Captain America infatti sembra di essere ancora nell’era Bush e, in effetti, non è che la politica estera americana sia cambiata poi così tanto.

ALESSANDRO ANIBALLI

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