Dieci inverni a Venezia

07/09/09 - Un saggio di diploma del Centro Sperimentale di Cinematografia che diventa vero e proprio...

Presentata nella sezione Controcampo italiano l’opera prima di Valerio Mieli

(Dal nostro inviato Giordano De Luca)

dieci-inverni07/09/09 – Un saggio di diploma del Centro Sperimentale di Cinematografia che diventa vero e proprio lungometraggio di esordio destinato al circuito commerciale, con cast tecnico professionale e co-produzione italo-russa è già  un bell`inizio per parlare di “Dieci inverni”, riuscita commedia del giovane Valerio Mieli. Vicenda dal sospetto vagamente autobiografico incentrata su un conflittuale rapporto di viscerale amicizia tra un ragazzo e una ragazza, la pellicola corre lungo un decennio, partendo dal primo, letterario incontro tra i due e chiudendosi con il suggello per eccellenza, ovvero il sesso. L`intelligenza dell`autore sta nel riuscire a mescolare vagheggiamenti astratti e tenuamente nouvelle vague a una solida sceneggiatura, tutta chiarezza e affidabilità . Il risultato è una commedia sentimentale con concrete chances di successo, spigliata, astuta e al contempo credibile e sincera; a tratti persino originale nella struttura e in certe vampate di dialogo raffinate e magnetiche.

Una certa acerbità  la si assapora in alcuni compiacimenti adolescenziali nel tratteggiare il personaggio del giovane protagonista o nella figura-clichè dell`attempato amante di lei, regista teatrale maniaco e possessivo. Ma si tratta di minuzie all`interno di un prodotto decisamente efficace, che ha come merito principale un`ambientazione veneziana suggestiva, evocativa e mai turistica o banale. Anche nell`unica inquadratura con San Marco sullo sfondo, sembra di essere all`interno di un sogno che rende una delle scenografie più abusate del mondo personalissima visione d`autore. L`unico, piccolo rammarico sta in una generale assenza di rischio che caratterizza questo pur mirabile lavoro come altri targati CSC; ci piacerebbe vedere uscire dalla scuola esordi magari più imperfetti, scricchiolanti, ma che abbiano in sè quella scintilla di indimenticabile, di furia che ci si aspetterebbe da un giovane regista al suo primo film. Ma evidentemente questo c`entra poco con una scuola che si vuole porre in primis come rassicurante fabbrica di registi e lavoratori dello spettacolo; forse però bisognerebbe mettere definitivamente in soffitta quella parola oggi così marginalizzata, “sperimentale”, e cambiare nome…magari un bel “Centro Alimentare di Cinematografia”?