Finalmente la felicità

13/12/11 - La nuova commedia di Leonardo Pieraccioni segue il solito on the road sentimentale, con amici e bellezze caraibiche, tanto caro al regista.

Ascolta le interviste di RADIOCINEMA ai protagonisti del film:

  • Leonardo Pieraccioni
  • Rocco Papaleo e Thiago Alves
  • Ariadna Romero
  • E’ puntuale Leonardo Pieraccioni. Certo, meno puntuale della banda Parenti-De Sica-De Laurentiis che è una cambiale annua, ma in ogni caso il dazio biennale del comico toscano nella sua versione edulcorata e “gentile” del film natalizio, prima o poi arriva. E quest’anno, l’attore e regista reso celebre dal Ciclone arriva al cinema con Finalmente la felicità, suo decimo film. E il suo peggiore. Pieraccioni stavolta interpreta Benedetto, un musicista sfortunato che viene contattato tramite il programma di Maria De Filippi dalla sorellastra, o meglio dalla ragazza brasiliana che la defunta madre, anni prima, aveva adottato a distanza. Ovviamente lei è bellissima, ovviamente lui se ne innamora. E ovviamente la seguirà nel suo lavoro di modella in Sardegna per conquistarla. Un plot da romanzetto adolescenziale stile Sapore di mare o peggio, che la sceneggiatura del regista con Domenico Costanzo e Giovanni Veronesi vorrebbe trasformare in una commedia all’americana, ma non fa altro che accatastare il peggio del suo cinema.

    Costruita su una storiella di un’esilità sconcertante per il grande schermo, senza nemmeno le trovate umoristiche e rocambolesche dei film precedenti, l’opera ha come unico scopo dichiarato quello di far staccare il cervello allo spettatore per 90 minuti: niente di male, ma si tratta di una pratica che ormai ha monopolizzato il cinema nostrano. Inoltre Pieraccioni è ormai l’ombra di se stesso, ancora più del fantasma di Marilyn del film precedente. La vacuità assoluta della pellicola si riflette anche su quello che dovrebbe essere il suo scopo, l’umorismo: il ritmo narrativo e comico è assente, le gag sono lunghissime e sfilacciate e per ridere non si può che ricorrere alle battute sui gay, al vernacolo sboccato (“Se la fatica è più del gusto, molla la f**a e attaccati al lambrusco”, recita l’amico Sandrino), ai finti pasticci linguistici del protagonista. Non c’è nulla a cui aggrapparsi per poter, se non salvare, giustificare l’operazione. E se della sceneggiatura si è già detto, la svogliatezza di tono, regia, produzione è micidiale, degna dei filmini estivi di una tv privata: e va bene che Medusa produca, ma l’ossequio a l’immaginario e ai modelli televisivi (da C’è posta per te al Grande fratello, passando per la fotografia di Mark Melville) è eccessivo, per non parlare del ritratto di uomini tutti vittime o cornuti e il paternalismo della scena col ladro rumeno. Un film turistico a tratti indecente, spesso dilettantesco (come è possibile che un professore di musica partorisca un brano come quello che si sente nella scena del vernissage?): il sodale Rocco Papaleo ci prova a risollevare le sorti comiche del film, ma purtroppo non è un Atlante. E il mondo inesistente di Pieraccioni è troppo pesante per le spalle di un attore solo.

    EMANUELE RAUCO

    SCHEDA FILM