Habemus Papam

14/4/2011 - Cinque anni dopo Il caimano, Nanni Moretti torna alla regia con una commedia crudele e assorta che gli vale un posto a Cannes.

Ascolta le interviste di RADIOCINEMA ai protagonisti del film:

  • il regista Nanni Moretti
  • lo sceneggiatore Francesco Piccolo
  • l’attrice Margherita Buy
  • Visto il trailer, considerati i passati del regista e considerato anche il momento che attraversa questo paese, forse era facile aspettarsi un film arrabbiato, acre, spietato; un film sulle ingerenze della Chiesa dentro lo scacchiere del potere politico e di quello economico, un film sulla corruzione e sul degrado sociale e culturale di una nazione che non ha ancora il coraggio di smettere l’identità cattolica. E invece Nanni Moretti si ripresenta a cinque anni da Il caimano con un’operetta del tutto diversa. Una commedia assorta, lieve e crudele al contempo, ma senza esagerazioni: poche risate intelligenti da una parte e staffilate a viso aperto, quasi bonarie – alla Chiesa, certo, ma anche a ogni luogo dove l’uomo contemporaneo si trova stupidamente oppresso e costretto – dall’altra.

    “Non ce la faccio!” urla Michel Piccoli, non ancora salito al soglio pontificio e già piombato nella crisi psicologica, esistenziale e “professionale” più nera. Mentre il titubante pontefice esce a cercar sollievo e salvezza fuori delle mura vaticane, dentro, i cardinali ancora legati ai vincoli derivanti dal conclave incompiuto, improvvisano un torneo di pallavolo (promotore e organizzatore è lo psicanalista miscredente e separatao dalla moglie interpretato dallo stesso Moretti). Così il gioco espugna lo Stato Pontificio. Il film, pur ricco, di notazioni sapide, di battute felici, di scene ben congegnate, si regge sulla giustezza, sulla essenzialità e sulla chiarezza di tre discorsi intrecciati: la paura, la sofferenza e la fragilità psicologica e identitaria dell’individuo nelle società dell’Occidente contemporaneo (il potere logora chi ce l’ha e chi non ce l’ha); un certo elogio della leggerezza; la critica acuta e non ideologica alla Chiesa Cattolica, più come istituzione storicamente determinata che in quanto vertice pastorale di una comunità religiosa.

    Moretti nonostante l’esibita ironia autobiografica (che arriva perfino a toccare la vera separazione del regista dalla moglie), e anzi in parte attraverso di essa, non riesce a smettere i panni del primo della classe, del capo dei buoni, del maestro che fa le pagelle al mondo. Peccato perché se il regista avesse provato a scriversi meno addosso e si fosse concentrato invece un po’ di più sulla messa a punto dei passaggi che conducono il papa lungo il suo tortuoso percorso fino all’inatteso epilogo, Habemus papam avrebbe davvero potuto primeggiare nel concorso di Cannes 2011. Cosa che ci auguriamo possa accadere comunque.

    SILVIO GRASSELLI

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