Sherlock Holmes 2

13/12/11 - Robert Downey Jr. e Jude Law tornano a vestire i panni degli investigatori inglesi, stavolta sulle tracce del Professor Moriarty.

Non era certo difficile prevedere che la versione ultramoderna e videoclippara di Sherlock Holmes realizzata da Guy Ritchie sarebbe tornata sul grande schermo. Il sequel era già nel finale del film precedente, e dopo l’incredibile successo riscosso a livello mondiale, non restava che aspettare un altro Natale per vedere ancora Robert Downey Jr. vestire i panni (ma non il tweed, per carità, troppo retrò) del detective nato dalla penna di Sir Arthur Conan Doyle. Ma come raramente accade ai seguiti nati da un filone d’oro di stampo commerciale, questo nuovo Gioco di ombre potrebbe presentare qualche gradevole sorpresa anche a chi aveva accolto senza entusiasmo il primo capitolo della nuova saga dedicata a Holmes. Intanto si passa dalla magia nera alla geopolitica dell’Europa di fine ‘800, attraversata dalle prime tensioni internazionali e dagli attentati degli anarchici dinamitardi. Un cambiamento non solo di scenario ma anche di stile, che abbandona fortunatamente quella vena gotica da video sotf metal di Mtv, del primo capitolo, per sposare una linea più steampunk (cioè quel filone della narrativa fantastica-fantascientifica che introduce una tecnologia anacronistica all’interno di un’ambientazione storica). Certo, la fotografia è sempre patinata all’inverosimile, e la regia non rinuncia a quell’andamento frenetico, scattoso e pieno di manieristici ralenti che costituiscono il marchio di fabbrica di Ritchie e che innegabilmente fanno tanto tendenza. Poco importa che il bullet time e i suoi epigoni siano ormai tra le la tecniche più abusate del nuovo millennio: pallottole sospese, esplosioni protratte, cazzotti a rilascio prolungato e corpi che si librano immobili nell’aere fanno sempre la loro figura. Ci vorranno forse altri cento anni di cinema per liberarcene, mentre gli spiegoni in flashback sono un evergreen che non passa mai di moda. Ma a parte queste caratteristiche potenzialmente irritanti trasportate in toto dal primo al secondo capitolo, questo film almeno riesce a prendersi meno sul serio del suo predecessore, risultando più godibile e meno patetico.

Assodato ormai come gran parte della forza del franchise risieda nella verve recitativa del suo protagonista, particolarmente incline all’istrionismo e all’eccesso, Robert Downey Jr. si esibisce meno in colpi alla Karate Kid dando più sfogo all’ironia di un detective molto più eccentrico e pagliaccesco di quello flemmatico descritto da Doyle, ma anche più adatto a passare in fretta e con agilità da un genere cinematografico all’altro. In Sherlock Holmes – Gioco di ombre, la coppia Holmes-Watson si trova infatti a fare i conti con un’Europa sul piede di guerra, e con un diabolico Professor Moriarty intento a sobillare la scintilla del conflitto. Ecco così che l’ingrediente della detection, sempre diluito in una buona dose di azione e comicità, lascia spazio anche a sequenze da puro film bellico, con tanto di soldati tedeschi urlanti e torture pre-naziste a suon di musica lirica (anche qui, un evergreen con cui si va sempre sul sicuro). Se l’idea non brilla esattamente per originalità, quanto meno la commistione è giocosa, divertita e in parte divertente, molto meno prevedibile che nel primo capitolo della serie. Merito anche di un cattivo finalmente degno di questo nome, un Moriarty freddo e machiavellico a cui presta maginificamente il volto un agghiacciante Jared Harris (figlio di Richard), e di fronte al quale il detective di Baker Street può finalmente mostrare tutte le sue virtù, ma anche le sue debolezze.

Una partita a scacchi talmente ben ritmata che gli si potrebbe perfino perdonare un debolissimo impianto narrativo con le solite facilonerie del caso (personaggi irrilevanti che servono solo a non far bloccare il racconto, peripezie da supereroi Marvel, l’improbabile zingara anarchica interpretata da Noomi Rapace). Ma resta sempre la fiducia che un po’ di sano spirito vittoriano ritorni prima o poi a scorrere nelle vene di Holmes, e che il vero intelletto e la passione per il mistero tornino ad avere la meglio sulla confezione stilosa e le botte da orbi in cui il gusto per la raccolta di indizi e la detection sono solo un mero accessorio di esplosioni e altri effetti speciali di gran lusso.

LAURA CROCE

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