The Conspirator

16/06/11 - Robert Redford torna con un film sull'assassinio di Lincoln. Poca Storia e troppa ideologia pesano su una ricostruzione incerta ed evanescente.

Ci si siede in sala, le luci si spengono e sullo schermo compare un ritaglio di bandiera a stelle e strisce che ondeggia al vento. Nonostante il tema patriottico del nuovo film di Robert Redford, non è ancora l’incipit, ma il logo di uno dei finanziatori del progetto, la nuova società di produzione The American Film Company che subito sotto le proprie insegne mostra un motto: “testimone della storia”. E allora, quando poi il film inizia per davvero, ci si aspetta d’imparare qualcosa. The Conspirator invece col cinema didattico non c’entra niente. Con la scusa di ricostruire una delle vicende più incerte e cruciali di tutta la – breve – storia degli Usa, Redford torna ai suoi vizi di democratico engagè e mette in scena un processo al processo, una vibrata protesta contro il regime dell’arbitrio che il paese (non solo il presente governo, ma i vertici politici, economici e militari dell’impero statunitense) ha scelto di opporre al terrore che viene dal Medio Oriente. Peccato perché la storia di Mary Surratt, sudista, cattolica e antiunionista, accusata di aver complottato contro i vertici della nascente federazione e processata al posto del figlio, membro effettivo del gruppo che organizzò l’assassinio di Ambramo Lincoln, sarebbe stata piena di spunti molto più che semplicemente suggestivi.

Invece Redford macella queste vitalissime vicende concentrando tutto il racconto dentro l’aula del tribunale, teatro del processo alla donna innocente (questa la tesi, storicamente tutt’altro che inoppugnabile, di Redford e compagnia) per svolgere – a botte di dialoghi tutt’altro che rifiniti – il suo discorso, elementare e scontato. Così, nonostante gli ottimi interpreti (doveroso menzionare James McAvoy sempre più pronto per grandi ruoli, e il volto ormai classico della bellissima Robin Wright), l’interessantissimo lavoro sulla fotografia di N.T. Sigel, che desaturando i colori e sporcando le lenti cerca una qualità luministica che renda il salto temporale, e un buon soggetto, il film resta troppo debole ed evanescente. D’altronde senza la vecchia enfasi retorica dei trial movie, senza eroi veri o presunti, senza nemmeno un briciolo di sano didattismo a cosa dovrebbe attaccarsi uno spettatore di buona volontà?

SILVIO GRASSELLI

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