Ultimatum alla terra

13/12/08 - La fantascienza è un genere che di solito arriva al suo apice quando ci sono problemi e...

Ultimatum alla terra
Semaforo giallo: sprecato.

13/12/08 – La fantascienza è un genere che di solito arriva al suo apice quando ci sono problemi e congiunture mondiali che mettono il mondo vicino al baratro: se l’età dell’oro del genere può essere considerata gli anni ’50, la guerra continua contro le civiltà islamiche e il surriscaldamento globale dei nostri giorni sembrano una cornice per la riproposizione di alcuni topoi. E’ quello che deve aver pensato Scott Derrickson quando ha cominciato a lavorare al remake del classico di Robert Wise del ’51, aggiornandolo con le pulsioni messianiche e puntando l’occhio sui problemi del nostro pianeta. Ma il risultato è spento e sostanzialmente poco convincente. Nel centro di Manhattan, atterra un’enorme sfera di energia. Klaatu porta un messaggio inquietante: per salvare la Terra va distrutto il genere umano; la professoressa Benson proverà a porvi rimedio. Scritto da David Scarpa, un B-movie dell’era dei computer e dei macro-budget, che rivede la tensione originaria in chiave spettacolare, finendo per partorire un topolino dalla classica montagna. Il film sembra il solito scontro tra soldati e scienziati incarnato anche dal rapporto tra la professoressa e il figliastro, ma più sottilmente è una fantasia punitiva e para-religiosa sui rapporti tra la civiltà e la distruttività degli umani, la cui violenza si scontra con la necessità di politica e diplomazia. Peccato poi che tutto si concluda con una solfa incoerente e rassicurante, in cui gli umani non sono così cattivi e si può sempre cambiare per il bene dell’umanità : Derrickson intriga all’inizio, ma tergiversa troppo e si spegne, firmando una pellicola a tratti efficace ma molto meno affascinante di quel che vorrebbe.

La sceneggiatura fa i salti mortali pur di tener a lungo l’attesa, ma non può riuscirvi se i personaggi sono così spenti e se l’arrivo del finale è tanto improvviso quanto poco interessante; Derrickson gioca la carta delle scenografie fredde e degli effetti visivi e sonori, ma non può risollevare un copione debole con una regia di puro servizio. Keanu Reeves sembra ancora incastrato dentro il corpo di Neo in Matrix, mentre Jennifer Connelly è spaesata come il suo personaggio; più divertente il cammeo di Kathy Bates come segretario alla difesa. Un film con un messaggio, ma il problema è che nel suo anonimo professionismo di confezione, il supporto del messaggio lascia alquanto indifferenti.

EMANUELE RAUCO