Etica e ricerca di giustizia nel thriller di Pla

Un mostro dalle mille teste, attraverso un intenso gioco di soggettive, porta lo spettatore nei gironi infernali nei quali si imbatte una donna che vuole salvare il marito. In sala dal 3 novembre. La nostra intervista al regista Rodrigo Plà.
Intervista a Rodrigo Plà a cura di Giovanna Barreca

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Un mostro dalle mille teste
e – aggiunge il regista Rodrigo Plà: “nessun cervello, nessun volto” perché il viaggio estenuante verso gli inferi – iniziato con un grave errore della protagonista che, in preda alla disperazione, imbraccia un’arma per trovare il medico dell’assicurazione sanitaria che tiene in cura il marito e che le ha negato il trattamento oncologico che potrebbe salvarlo – non può portare ad un vero responsabile. In tante grandi corporazioni e anche in quella sanitaria in Messico tutto è frammentato e nessuno si assume mai una responsabilità etica per le decisioni prese. La donna, interpretata da Jana Raluy, si scontra con una burocrazia che non ha un volto e quindi, per forza di cose ne esce sconfitta. La sua vulnerabilità la porta ad andare contro i suoi valori e sarà solo la presenza del figlio (Sebastiàn Aguirre Boeda) a fermarla davanti alla violenza dei suoi gesti.
Col suo nuovo film, in Orizzonti alla 72esima Mostra Internazionale del Cinema di Venezia e in sala dal 3 novembre per Cineclub Internazionale distribuzione, l’autore uruguayano d’adozione messicana – come nella sua opera prima La zona (Leone d’argento a Venezia 2007) – torna su un tema sociale ed etico che lo appassiona e, attraverso la scelta di una macchina da presa che mostra i diversi punti di vista, ci regala la ricostruzione della memoria dei testimoni e, in alcuni casi, vittime della vicenda. Tutti si ritrovano a testimoniare davanti ad un giudice di eventi che appartengono alla memoria e per questo soggettivi. Solo nell’ultima scena siamo nell’aula di tribunare per la prima e unica immagine oggettiva del film. “La memoria distorce gli eventi e per trasporre questo elemento abbiamo giocato sul fuori fuoco per rafforzare la soggettività” precisa il regista parlando dell’aspetto più prettamente tecnico.
La pluralità di sguardi permette allo spettatore di avvicinarci alla protagonista, solidarizzare con essa ma allo stesso tempo sentire quanto tutto ciò che commette spavanti e ferisca, quanto sia sbagliato.
Basandosi sull’opera letteraria omonima di Laura Santullo, Plà sottolinea come il registro sia “assurdo, umoristico e ridicolo al tempo stesso perché così solitamente accade nella vita reale”. L’intento era quello di denunciare una realtà nella quale anche la famiglia di Plà si è imbattuta quando ha cercato di capire come comportarsi con le diverse assicurazioni private che, è bene ricordarlo, solo l’8% della società messicana può permettersi.

giovanna barreca