Il mondo fino in fondo

Il film ha il pregio di seguire con il giusto equilibrio le storie parallele dei due fratelli e riesce a trasformare in ricchezza il duplice punto di vista di Davide e Loris; i toni sono lievi, mai drammatici e questo permette al regista di focalizzarsi sull'innamoramento scapestrato di Davide e sulla nuova maturazione di Loris senza strappi o estremismi, lasciando che tutto si svolga senza mai turbare la visione dello spettatore.

Vuelvo al Sur, como se vuelve siempre al amor“, torno al Sud, come si ritorna sempre all’amore; è il verso iniziale di una delle più belle canzoni argentine, scritta da Fernando Solanas e musicata da Astor Piazzolla, che racchiude il senso profondo dell’interessante opera prima di Alessandro Lunardelli, Il mondo fino in fondo, presentato al Festival Internazionale del Film di Roma nella sezione Alice nella Città. Tutti i protagonisti della pellicola infatti cercano e trovano nella Patagonia cilena, il sud del mondo, la loro identità, il proprio centro, e al cospetto di un maestoso ghiacciaio riescono a scongelarsi, a buttare giù muri che per troppo tempo li hanno isolati gli uni dagli altri. E’ un percorso lunghissimo, il loro, che li porta da Agro, piccolo paese immaginario del ricco Nord Est, fino al Sud America, dove Davide (Filippo Scicchitano), figlio minore di un imprenditore tessile, fugge per amore di Andy, ecologista bel tenebroso (e anche un po’ canaglia), conosciuto a Barcellona. Per Loris (Luca Marinelli), che dal giorno della fuga della madre ha sempre protetto il fratellino, la decisione di Davide è un fulmine a ciel sereno, una scelta incomprensibile. Per Davide, che ha nascosto l’omosessualità per tanto tempo, timoroso di essere giudicato da familiari e amici, si tratta invece del primo gesto di consapevole liberazione da una schiavitù autoindotta. Eppure, non tutto è rose e fiori, perché quel ragazzo per cui ha perso la testa è più opportunista di quel che credeva e anche perché a Santiago del Cile si trova la sua ex, una giovane donna coraggiosa e indipendente che all’irresponsabile Andy è ancora molto legata.

Così quando Andy li lascia per trovare sé stesso (o meglio per dar sfogo alla sua vena auto distruttiva), Ana (Manuela Martelli) e Davide si lanciano sulle sue tracce e in quel viaggio imparano a scoprirsi. A sua volta bisognoso di comprendere davvero il fratello, Loris parte alla volta del Cile con l’idea di portarlo a casa. Il film ha il pregio di seguire con il giusto equilibrio le storie parallele dei due fratelli e riesce a trasformare in ricchezza il duplice punto di vista di Davide e Loris, anche se ad essere più interessante, paradossalmente, è quello del fratello maggiore, una figura molto più complessa di quanto appaia ad un primo sguardo (il tifoso interista felice di essere il rampollo di papà, incapace di essere padre a sua volta); i toni sono lievi, mai drammatici e questo permette al regista di focalizzarsi sull’innamoramento scapestrato di Davide e sulla nuova maturazione di Loris senza strappi o estremismi, lasciando che tutto si svolga senza mai turbare la visione dello spettatore. Non c’è morbosità, insomma, nello sguardo di Lunardelli e la vicenda diventa toccante e perfino divertita, con l’outing di Davide avvenuto proprio dopo un gol dell’Inter in Champions League. Road movie, racconto di formazione, esplorazione di quel misterioso vincolo familiare che unisce due fratelli, Il mondo fino in fondo è un’opera cinematografica compiuta e lineare, che si snoda senza paura tra i maestosi paesaggi del Cile, per lasciare intravedere il buono dei rapporti umani, la bellezza del lasciarsi sorprendere da quegli incontri fortuiti che possono cambiare un’intera vita e che possono riscattarci da violenza e brutalità; come quella della dittatura militare cilena che si intuisce grazie al bellissimo personaggio del taxista interpretato da Alfredo Castro, protagonista di una sorta di film nel film, tra i momenti più riusciti ed emozionanti di questo lavoro cinematografico.

Francesca Fiorentino per Movieplayer.it Leggi