Jeune et Jolie

François Ozon torna in concorso al Festival di Cannes con un dramma adolescenziale che rimane sempre in superficie.

Il cinema francese ha sempre prestato particolare attenzione ai turbamenti tipici dell’infanzia e dell’adolescenza, come testimoniano titoli significativi come Zero in condotta di Jean Vigo, I quattrocento colpi e Gli anni in tasca di François Truffaut, 36 fillette di Catherine Breillat, Stella di Sylvie Verheyde, Les beaux gosses di Riad Sattouf. Persino il campione di incassi Il tempo delle mele di Claude Pinoteau e i suoi naturali discendenti (Lol di Lisa Azuelos, tanto per citarne uno), pur dominati da un approccio inevitabilmente più frivolo, riuscivano a cogliere con una certa precisione le ansie, le gioie, le idiosincrasie e le rabbie recondite dei giovani uomini e donne. Si inserisce dunque in un contesto ampiamente storicizzato Jeune et jolie, quattordicesima fatica dietro la macchina da presa per François Ozon che per la seconda volta consecutiva torna a concentrare lo sguardo sull’adolescenza.

Era stato così a ben vedere, infatti, già in Dans la maison, uscito nelle sale italiane un mese fa con il titolo Nella casa: in quel caso Ozon traeva ispirazione da una pièce del drammaturgo spagnolo Juan Mayorga per tracciare le linee guida di un thriller sui generis che proponesse una lettura tra il grottesco e il licenzioso dell’istituzione familiare borghese. Anche la bella diciassettenne Isabelle, protagonista di Jeune et jolie – presentato in concorso alla sessantaseiesima edizione del Festival di Cannes – proviene dall’ambiente dell’alta borghesia parigina. Introversa e indipendente, passa le vacanze estive ad amoreggiare sulla spiaggia con un ragazzo tedesco con il quale perde la verginità, evento che la rende ancor più distaccata dal mondo che la circonda. Tornata a scuola in autunno, inizia a prostituirsi gestendo gli appuntamenti con i clienti attraverso un sito internet nel quale utilizza il nome Lea: riuscirà a tenere segreta questa sua doppia vita fino a quando un evento traumatico sconvolgerà ulteriormente le carte…

Ozon palesa fin dalle prime inquadrature la sua volontà di concentrare l’attenzione della macchina da presa sul fisico di Isabelle: è la ragazza, interpretata dalla venitreenne modella e attrice Marine Vacht (già vista un paio di anni fa in Ma part du gâteau di Cédric Klapisch), l’unico oggetto di indagine di Jeune et jolie. Tutto il resto, compreso l’universo liceale di cui fa parte, passa in secondo piano. Prediligendo una volta di più una narrazione episodica e in apparenza poco strutturata – per quanto il tempo sia scandito dal susseguirsi delle stagioni – il regista di Gocce d’acqua su pietre roventi e Sotto la sabbia lascia che lo spettatore si immerga nella quotidianità di Isabelle/Lea attraverso dettagli spesso insignificanti. Una scelta interessante, ma che cozza con un approccio alla materia che lascia francamente freddi e interdetti: il microcosmo adolescenziale è trattato con superficialità e, sotto sotto, con un vago pregiudizio. In questo senso, qualora non bastasse la parabola “morale” della protagonista, si veda la sequenza della festa in cui Isabelle conosce il coetaneo Alex: in rapida carrellata passano sullo schermo tutti i luoghi comuni sui quasi maggiorenni. Ma, al di là di questo, è l’esibita eleganza della messa in scena a sposarsi poco e male con la storia che sta prendendo vita sullo schermo: restano l’apprezzabile lavoro del regista con la Vacht, l’arguta scrittura di alcune singole sequenze, e soprattutto il primo segmento, quello estivo in cui la voglia di libertà e l’insicurezza di Isabelle vengono descritte con una naturalezza che manca al resto del film.

Ma forse il momento che resta davvero impresso nella memoria è quello in cui Isabelle e i suoi compagni di classe recitano la poesia “On n’est pas sérieux quand on a dix-sept ans” di Arthur Rimbaud: una scena improvvisata da Ozon, in cui gli sguardi timidi, sperduti, vacui, assorti e tremebondi degli studenti – a parte la Vacht tutti non professionisti – trasmettono finalmente l’essenza di un’età instabile e affascinante. Perché, come insegnava Rimbaud nel 1870, “Ce soir là,… Vous rentrez aux cafés éclatants, vous demandez des bocks ou de la limonade… On n’est pas sérieux, quand on a dix-sept ans, et qu’on a des tilleuls verts sur la promenade”.

RAFFAELE MEALE