Karaoke Girl

Un'opera che mescola sapientemente il documentario puro con la finzione (la linea di confine è quasi impercettibile) per dar vita a un ritratto di ragazza sincero e appassionato sullo sfondo della Thailandia moderna.

Questa è la storia di Sa, “una ragazza che non ha scelta e che si prende cura del piacere degli altri tranne del suo“. A soli quindici anni ha lasciato i campi di riso e caucciù dello sperduto villaggio in cui è nata per trasferirsi a Bangkok in cerca di fortuna col sogno nel cassetto di riuscire un giorno a costruire qualcosa per se stessa. Dopo un periodo trascorso a lavorare in fabbrica Sa ha optato per qualcosa di più remunerativo che le permettesse di sostenere i genitori e mettere da parte un po’ di risparmi per il suo futuro. Ora lavora di notte in un locale di karaoke e non solo per servire ai tavoli. E’ questa l’unica possibilità di riscatto per le ragazze di Bangkok che non vogliono arrendersi a un destino che, sin dalla nascita, per loro sembra già segnato. Non si vergogna del lavoro che fa, vorrebbe lasciarlo ma non può, e il suo sconforto non nasce tanto dalla rassegnazione quanto dalla mancanza di un amore sincero e disinteressato che possa sorreggerla nei momenti più bui e darle la forza di non mollare. A riscaldare il suo cuore gli incontri con una specie di fidanzato che sembra sinceramente innamorato di lei ma che non fa che regalarle soldi con la speranza di convincerla a cambiare vita, e i ritorni a casa, momenti in cui ama perdersi tra le braccia del suo fiume per dimenticare tutte le sue frustrazioni e trovare la forza di andare avanti.

Quella narrata è la storia vera di Sa Sittijun e quella che scorre sul grande schermo non è una messa in scena ma la sua vita. Karaoke girl segna l’esordio della cineasta di origini thailandesi Visra Vichit-Vadakan, un’opera che mescola sapientemente il documentario puro con la finzione (la linea di confine è quasi impercettibile) per dar vita a un ritratto di ragazza sincero e appassionato sullo sfondo della Thailandia moderna, quella delle campagne e quella spietata delle lunghe notti di Bangkok. Per raccontare le difficoltà della vita di molte ragazze thailandesi la regista accompagna così Sa nel suo appartamento nel centro della città, nel locale in cui lavora, nei luoghi in cui è nata per conoscere la condizione dei suoi genitori e il loro punto di vista, e lo fa immergendo la macchina da presa in una Natura che toglie il fiato mostrandoci luoghi incantevoli, quieti e ventosi, in cui albe e tramonti inondano l’anima e il paesaggio di una luce calda e rassicurante.

Sebbene l’argomento non sia dei più leggeri, Karaoke girl non è un film triste o cupo e la narrazione non è mai noiosa; quella della Vadakan è un’opera straripante, poetica, ricolma di speranza e d’amore, che bene restituisce la confusione di Sa, una ragazza che vive il presente sperando che il tempo passi in fretta e un futuro migliore bussi presto alla sua porta. Nessun giudizio morale ma rispetto, denuncia sociale, comprensione e partecipazione emotiva da parte della regista che entra in punta di piedi nella vita della ragazza per raccontarne gli intimi turbamenti, le paure e l’inesauribile energia. Sconforto e speranza procedono di pari passo in Karaoke girl, ma la consapevolezza che, dopo il film, Sa ha lasciato per sempre il suo lavoro di escort, fa scivolare questa storia più verso i toni della favola contemporanea che verso quelli del dramma. Un inno alla vita che regala allo spettatore la meravigliosa sensazione di aver condiviso con questa dolce e minuta ragazza momenti di grande intensità.

Luciana Morelli per Movieplayer.it Leggi