Festival del cinema europeo – terza giornata

Un'intensa terza giornata a Lecce, sia per i film del concorso che per gli importanti eventi e incontri con autori del cinema contemporaneo, prima Terry Gilliam , poi Sergio Castellitto.

Partendo dai film in concorso ieri l’applauso più intenso e lungo dell’edizione numero 13 del Festival del cinema europeo di Lecce lo ha strappato, a una sala che ha vissuto in tensione e in religioso silenzio tutta la proiezione, il film Don’t be afraid di Montxo Armendariz. Al centro del dramma la vicenda della giovane protagonista Silvia, vittima delle violenze sessuali del padre sin da piccola e che, all’età di 25 anni, decide di confrontarsi con l’incubo vissuto; uscire dal silenzio e cercare di accettare, come recita una delle battute più forti del film “di amare e allo stesso tempo di odiare l’uomo che mi ha rovinato la vita”. Silvia vuole smettere di vivere passivamente, accettando l’idea di aver bisogno d’aiuto e di trovare nel dialogo con una psicologa – prima donna con la quale entra in relazione – la possibilità di uscire dal dramma incoffessato per anni e purtroppo non ascoltato da chi, come la madre e la migliore amica, avrebbero potuto intuire. Il regista sceglie di non staccare mai lo sguardo dalla ragazza, lasciando sullo sfondo gli altri personaggi, e per tutta la pellicola, attraverso un uso massiccio di primi piani e campi medi, insegue la sua protagonista (interpretata da tre diverse attrici, in base alle differenti età del personaggio) e lascia che sia lei – il suo corpo violato e il suo sguardo – a legare lo spettatore al film in un unicum di ascolto-visione. In tal modo, l’identificazione è massima e si arriva ad avere la sensazione di trovarsi dietro a quel divano, dove la ragazza si è rifugiata dopo la prima violenza e dietro al quale continuerà a restare. Allo stesso modo lo spettatore non può smettere di ascoltare il grido di dolore che proviene dalla musica che suona la donna (non a caso alla fine del film, come simbolo di una ritrovata e positiva volontà di vivere, Silvia smetterà di suonare). E, se esiste un ‘fuoricampo’ indagato nella pellicola è quello tra il dolore interiore della giovane e la falsa apparenza da vita borghese che tutti intorno le creano e da cui lei non riesce a liberarsi tanto da arrivare, ormai pronta a dialogare con la madre, a scusarsi per averla turbata dicendole cose sgradevoli.

Percorso lungo e tortuso è poi quello che viviamo nella vicenda di un’altra giovane violata. In Miss Julie di Linda Wendel, la protagonista non subisce alcuna violenza fisica, quanto piuttosto mentale; tutto il dramma infatti ruota intorno alle pretese di successo che chi le è accanto nutre nei suoi confronti. La ragazza “deve” essere una campionessa per soddisfare le ambizioni di un padre con gravi insolvenze economiche e che vede perciò nella figlia l’unica possibilità di riscatto. La regista e produttrice danese Linda Wendel riprende la pièce omonima di Strindberg del 1888 per raccontarci le barriere sociali che dividono la protagonista dal suo allenatore e la profonda ricerca d’amore della ragazza. La Wendel ha girato in digitale (convertito poi in pellicola) facendo un uso massiccio di luce naturale e di elementi che potessero rendere più leggera possibile la strumentazione tecnica, per dare modo ai personaggi di muoversi quasi come su un palcoscenico teatrale. Anche qui, come in Don’t be afraid, pur con inquadrature più larghe, lo spazio “imprigiona” la protagonista, simboleggiandone le angosce interiori.

In visita lungo la Puglia da due giorni e stasera in sala per la presentazione del corto The wholly Family nella sezione Short matters, Terry Gilliam si concede in mattinata alla stampa per raccontare quanto si sia divertito a girare a Napoli una sceneggiatura ideata e scritta in venti minuti: un suo personale dialogo con la città insieme a tanti attori-registi accorsi sul set. Poi, parlando di digitale, rivela che – quando e se lo userà – sarà solo se lo riterrà utile alla narrazione delle sue storie. E, parlando dei tanti progetti faraonici incompiuti, Gilliam afferma che a volte le frustrazioni danno ottimi risultati: “La mia inventiva cerca di superare continuamente le reali possibilità di un film, di una produzione. Se avessi avuto tutti i soldi che avrei voluto avere, forse avrei realizzato solo dei brutti film”. In serata arriva anche Sergio Castellitto che, in un incontro moderato da Laura Delli Colli, ha incontrato il pubblico prima della proiezione di Non ti muovere, il suo secondo film come regista e prima sua trasposizione di un libro di Margaret Mazzantini.