Lucca per Lynch: premio alla carriera, mostra, conferenze, incontri con gli studenti

La decima edizione del Lucca Film Festival omaggia il grande regista americano David Lynch dedicandogli una serie di iniziative tutte sold out. Tra cinema, pittura e meditazione.

“L’importante nel cinema non è pensare alla professione, ai soldi o a quello che succederà una volta terminato il film. Ciò di cui si ha bisogno è un’idea della quale innamorarsi. L’idea ti dice l’umore della storia, dei personaggi, come si devono muovere gli attori…L’idea ti fornisce tutti i dettagli e quindi tutto ciò che bisogna fare è rimanere fedeli all’idea mentre giri il film. Anche con poco denaro si può trovare il modo per realizzare un’opera ma se smettete di essere fedeli alla vostra idea morirete” ha ripetuto più volte David Lynch durante l’incontro con gli studenti delle scuole superiori che il Lucca Film Festival ha promosso. La lezione/conversazione è stata tra i momenti più intensi di questa tre giorni che ha visto Lynch inaugurare una mostra con 124 fotografie, diverse litografie e tre video, tenere una conferenza sulla meditazione trascendentale e partecipare all’installazione sonora interattiva di Massimo Salotti, dedicata al suo cinema.
All’incontro con i giovani, Nicola Borrelli e Alessandro Romanini hanno posto domande sugli inizi della carriera del regista-pittore che come è noto, ha iniziato a fare cinema perchè “Volevo vedere i miei quadri in movimento con suono” e che ha realizzato opere di grande spessore come Velluto blu, Strade perdute, Mulholland Drive che lo hanno elevato all’Olimpo dei grandi autori contemporanei. Opere dove sempre disgrega la temporalità e proprio per tale aspetto Enrico Ghezzi, chiamato a sorpresa sul palco, ha citato Valery e la sua idea di cinema come raccolta di memorie di tutti senza più nessuna proprietà. Sollecitato Lynch ha risposto dicendo che non esiste un modo di imparare ma solo ricordare: “Noi ricordiamo solo ciò che siamo veramente. Forse il cinema in pochi magici momenti può far scaturire la memoria di ciò che siamo ma non altro”.
Poi la conversazione ha fatto emergere alcuni aspetti della complessità del suo cinema che già dalla narrazione (ancor prima che dall’abilità registica con la macchina da presa) costruisce la sua tensione e la sua relazione emozionale con lo spettatore. Proprio come ricordava Paolo Bertetto: “La grande abilità di Lynch è quella di mescolare la complessità e l’enigmaticità con gli effetti di spettacolarizzazione e di intensità propri del grande cinema di genere”.
L’autore che non realizza più un film da ormai 8 anni ha poi parlato, sollecitato da uno studente, del suo amore per Kafka e di come abbia pensato più volte ad una trasposizione de La metamorfosi che poi ha sempre deciso di non realizzare perchè sarebbe costato molto far muovere l’insetto protagonista in scena e perchè forse, sue parole: “immaginavo che sarebbe esistito un piccolo pubblico interessato al film”.
Tornando alla mostra che sarà aperta ad ingresso gratuito presso l’Archivio di Stato di Lucca fino al 9 novembre, Alessandro Romanini ne ha parlato come di un modo per capire e conoscere ancora meglio l’universo di un’artista ‘poliedrico’ per necessità: “Una necessità dettata da una fantasia sfrenata, un universo psichico poliforme che si materializza in una serie di agglomerazioni visionarie che uno straordinario lavoro di ‘messa in quadro’ trasforma in configurazioni visive, statiche o dinamiche,trasferite su schermo, carta o altri materiali”.

Il Lucca Film festival, inaugurato dalla tre giorni dedicata a Lynch, continuerà fino al 3 ottobre con la partecipazione di altri grandi autori come Jùlio Bressane e John Boorman.

giovanna barreca