A Torino il premio Volker Schlondorff per Diplomatie

La nostra intervista al regista tedesco che ha saputo creare un thriller ad alta tensione sull'ultima notte di occupazione tedesca a Parigi nonostante gli esiti del conflitto siano noti. In sala dal 21 novembre.
Intervista a Volker Schlondorff a cura di Giovanna Barreca

“L’aiuto di una buona struttura” così il premio Oscar e Palma d’oro per la trasposizione cinematografica de Il tamburo di latta, Volker Schlondorff (suoi anche Morte di un commesso viaggiatore, Il caso di Katharina Blum, Palmetto e diverse opere teatrali) ci spiega perchè da sempre lavora su storie già scritte. L’allievo di Louis Malle, Alain Resnais, Jean-Pierre Melville torna nella Parigi dei suoi grandi maestri per trasporre la pièce teatrale Diplomatie, film presentato in Festa Mobile al Torino film festival e attualmente nelle sale italiane.
Agosto 1944. Fantasticando su un incontro mai avvenuto nei termini descritti tra il gerarca nazista Dietrich von Choltitz, governatore militare di Parigi e il console svedese Raoul Nordling, il regista Volker Schlondorff porta al cinema l’omonimo testo teatrale e i medesimi attori protagonisti: Andre Dussollier e Niels Arestrup. E trasforma il tutto in un thriller ad alta tensione sulla notte che segnò il destino di Parigi. Hitler voleva la distruzione della capitale francese perchè Berlino era in fiamme e la follia del dittatore desiderava la stessa fine per la città che amava maggiormente al mondo. Il suo generale però non eseguì l’ordine. Se in Orizzonti di gloria di Kubrick si vedono soldati che sembrano parte stessa della trincea dove combattono perchè semplici macchine dell’ingranaggio assurdo della guerra, qui emergono fortemente dal contesto due protagonisti che cambiarono la traiettoria degli eventi.
L’autore riesce nell’impresa di tenere lo spettatore con il fiato sospeso creando intorno allo studio dove si svolgono i fatti un alone di fascinazione e di precarietà latente mostrando un passaggio segreto utilizzato dall’imperatore Napoleone III per andare a trovare l’amata e utilizzato dal console svedese per arrivare al nazista. Ma, soprattutto, trasformando lo spazio in un protagonista della precarietà della situazione narrata, come se anch’esso fosse pronto ad esplodere da un momento all’altro. Esistono due piani narrativi: accanto al gioco di scacchi tra i due, lo spettatore segue dei soldati nazisti che posizionano delle cariche esplosive nei punti strategici della città per distruggere i monumenti e soprattutto i ponti più grandi (il loro crollo avrebbe portato ad un’esondazione della Senna e quindi alla morte della maggior parte dei due milioni di parigini che abitavano nella città all’epoca). Tanti gli escamotage narrativi (come l’attacco d’ansia che porta il console a rimanere attanto al governatore) ben studiati per non perdere il senso di veridicità del racconto umano. Nonostante siano da subito evidenziate le differenze umane tra il politico e lo sterminatore di ebrei che partecipò anche alla distruzione di Rotterdam prima di essere mandato a Parigi, lo spettatore è portato, grazie alle inquadrature di sguardi a turno smarriti e poi determinati e viceversa, a metterli sullo stesso piano e a valutarne solo l’astuzia dialettica.

giovanna barreca