Trovare rifugio negli studios

Il 30 gennaio sarà presentato a New York, il film di Marco Bertozzi, Profughi a Cinecittà, resoconto di un episodio storico rimosso. Abbiamo intervistato il regista.

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  • il regista Marco Bertozzi
  • Si celebra oggi la giornata della memoria, in ricordo della tragedia della Shoah. Per l’anniversario, il Primo Levi Center di New York ha organizzato una serie di eventi, nel corso dei quali lunedì prossimo verrà presentato in anteprima assoluta il documentario Profughi a Cinecittà, diretto da Marco Bertozzi. Nel film si racconta un episodio misconosciuto relativo alla fine della Seconda Guerra Mondiale, quando gli studios romani vennero riconvertiti a campo profughi per decisione degli americani. I rifugiati, provenienti dalle più diverse esperienze (dagli ebrei che tornavano dai campi di concentramento agli esiliati della Dalmazia e dell’Istria), rimasero a Cinecittà fino al 1950. Prodotto da Cinecittà Luce e Vivo Film, con il Patrocinio di UNHCR – Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, in collaborazione con Cinecittà Studios e Roma Lazio Film Commission e il sostegno del MiBAC, Profughi a Cinecittà è stato scritto da Marco Bertozzi insieme alla studiosa Noa Steimatsky e, dopo la proiezione newyorkese (eccezionale per via dei suoi scopi umanitari), sarà presentato in Italia nei prossimi mesi. Abbiamo intervistato Bertozzi per farci raccontare sia come si è sviluppato il progetto sia per avere maggiori informazioni su questo episodio storico, le cui implicazioni – come racconta il regista – sono anche cinematografiche. In quegli anni, infatti, proprio mentre gli esponenti del neorealismo avevano abbandonato gli studios per avere un maggior contatto con la drammatica realtà del paese, proprio a Cinecittà si svolgeva una vicenda che avrebbe meritato di essere raccontata secondo quegli stessi codici neorealistici.