Conan the Barbarian

22/08/11 - Torna il barbaro coriaceo che lanciò Schwarzenegger nell'Olimpo delle star hollywoodiane, ma al suo posto c'è un monoespressivo attore hawaiano.

In un’epoca in cui si assiste al proliferare inarrestabile di remake e reboot e in cui Hollywood teme la fine delle saghe letterarie macina-dollari (Harry Potter prima, Twilight prossimamente) almeno quanto l’esaurirsi della vena aurifera dei supereroi del fumetto, c’era da aspettarsi che anche il barbarico Conan facesse la sua ricomparsa sul grande schermo. Nato dalla penna dello scrittore Robert E. Howard nel lontano 1932 e trasformato in fumetto da Frank Frazetta negli anni ’60, Conan è stato poi protagonista della celeberrima pellicola di John Milius Conan il barbaro (1982), uno dei film fondativi dell’immaginario fantasy degli anni ’80, nonché primo grande successo per Arnold Schwarzenegger. Dopo il non trascurabile sequel Conan il distruttore (1984) di Richard Fleisher, tocca ora a Marcus Nispel, già autore delle nuove versioni di Non aprite quella porta (2003) e Venerdì 13 (2009), rispolverare le avventure del barbaro vendicatore in Conan the Barbarian, mentre al posto di Schwarzy, troviamo l’hawaiano Jason Momoa, muscoloso attore che si sta facendo conoscere dal grande pubblico anche per il ruolo di Khal Drogo nella serie tv della HBO, Game of Thrones.

La storia, nel suo plot nudo e crudo, non varia molto: anche qui Conan resta orfano anzitempo per mano di predatori assetati di sangue e potere, ci sono creature mostruose da affrontare (per lo più serpentiformi) e vergini (o forse non più tali) da salvare. L’azione è turbinante e non manca certo l’avventura, una profusione di teste mozzate ed effettacci gore solletica poi gli inconfessabili guilty pleasures spettatoriali, ma si soffre, e seriamente, per qualche scompenso di scrittura. Gli eventi non sono infatti predisposti con la cura necessaria e pertanto le sequenze action esplodono sullo schermo inaspettate, seguendo una struttura paratattica che le depriva dell’opportuno rapporto di causa-effetto. Le dinamiche stesse dei combattimenti non sono ancorate a una solida coreografia: tutto in sostanza si risolve nel mulinare vorticoso dei bicipiti dell’eroe, e sotto a chi tocca. Fa eccezione il combattimento finale, basato su un’interessante trovata scenografica che amplifica la verticalità dello spazio (il film sarà nelle sale anche in 3D) così come i fronti su cui Conan deve combattere. Girato interamente in Bulgaria, il film di Nispel è di fatto un b-movie fantasy destinato al puro entertainment, privo di appigli per gli spettatori più smaliziati. Solo ridimensionando le aspettative in tal senso si riesce dunque a godere appieno delle sue qualità. Esente da ogni forma di ironia, vessato da un protagonista monoespressivo e dal vocione tonante, Conan the Barbarian è un divertissement senza troppe pretese, con una CGI a volte grossolana, specie nei paesaggi ricostruiti, altre efficace e divertente, come avviene per i gradevoli intermezzi di pregiata macelleria, per le creature di sabbia, per serpenti e anaconde. Tra streghe che hanno rubato i guanti uncinati a Freddy Krueger (esplicita la citazione di Nightmare con tanto di lame stridenti sul muro), monache disposte a concedere la loro verginità in un provvidenziale granaio (là dove c’è paglia, c’è amore!) e navi vikinghe trasportate fin sopra le montagne da pachidermi digitali, meglio sospendere l’incredulita spettatoriale, spegnere il cervello e sgranocchiare i pop corn d’ordinanza.

DARIA POMPONIO

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