La femme du cinquième

31/10/11 - Kristin Scott Thomas e Ethan Hawke protagonisti di un film enigmatico, diretto dal polacco Pawel Pawlikovski. In concorso a Roma.

Dal nostro inviato EMANUELE RAUCO

E’ meglio puntare in alto e fallire con onore o cercare di non sbagliare facendo semplicemente il proprio compito? E’ una domanda che nasce spontanea alla fine della proiezione di La femme du cinquième, il film di Pawel Pawlikovski presentato in concorso al Festival Internazionale del Film di Roma. Il regista polacco realizza infatti una storia di seduzione e mistero guardando al cinema di Kieslowski, un film enigmatico e ammaliante, che però sembra fatto per dividere gli spettatori e la stampa (che infatti l’ha accolto molto freddamente). Il film racconta di Tom (Ethan Hawke), uno scrittore americano disperato in quanto la moglie si è trasferita in Francia impedendogli di vedere la figlia. Ostinato a risolvere la situazione, Tom resta a Parigi e conosce Margit (Kristin Scott Thomas), una donna affascinante che lo seduce. Ma la sua vita prenderà una piega del tutto inaspettata. Un dramma misterioso, fatto di eros, problemi familiari, violenza e metafisica, scritto dal regista (ispirato da un libro di Douglas Kennedy) seguendo alla perfezione il modello del miglior cinema d’autore europeo.

Centro del film è il peregrinare, più emotivo che fisico, del protagonista, che nel tentativo di riavvicinarsi alla figlia, ad una parte di sé che il suo pessimo carattere gli ha fatto perdere, compie un viaggio in una sorta di limbo, che forse rappresenta il suo inconscio, forse una dimensione parallela, in cui il sesso e i sentimenti si scontrano e si fondono con la violenza, la paura e la morte. Pawlikowski sceglie un passo calibrato, insinuante, materializza le pulsioni del protagonista e disorienta lo spettatore con numerosi cambi di registro e proprio per questo, alla fine, riesce a catturare la sua attenzione. Poi, però, riesce anche a deluderlo, visto che la conclusione appare un po’ involuta, forzata o magari solamente troppo ambiziosa per il talento del regista. Ma emerge con sempre maggiore chiarezza, dalla ricerca cromatica, dai dettagli degli insetti come contrappunto, dall’eleganza dei movimenti di macchina (fotografia di Ryszard Lenczewski) e dall’insistere sull’atmosfera fatale, il suo amore per il maestro polacco del Decalogo. Quei risultati sono lontani, ma lo sforzo è comunque meritevole di attenzione e si apprezza la performance intensa e intima di un’impeccabile Kristin Scott Thomas e di un bravissimo Ethan Hawke, serio candidato al premio per il miglior attore. Un film non per tutti i gusti, ma che merita qualche riflessione e un po’ d’attenzione in più.