Sic Fiat Italia

01/12/11 - La Torino dell'automobile e dei lavoratori lasciati soli sono al centro del documentario di Daniele Segre in Festa mobile al TFF.

Dalla nostra inviata GIOVANNA BARRECA

Ascolta l’intervista di RADIOCINEMA a:

  • il regista Daniele Segre
  • Dinamite nel 1994, Asuba de su serbatoiu del 2001, Morire di lavoro del 2008 sono alcuni dei titoli che raccontano il mondo del lavoro secondo Daniele Segre che lo ha fotografato per immagini e voci nella sua attività di autore del reale. Dal 2012 il dvd “Cinema e lavoro” che la Feltrinelli distribuirà all’interno della collana Real cinema li conterrà tutti insieme a Sic Fiat Italia , presentato all’interno di Festa mobile: Figure nel paesaggio al Torino Film Festival, che conclude il viaggio sul tema del regista piemontese. L’emozione per la prima proiezione con il pubblico è palpabile perché per tanti anni Torino è stata sinonimo di Fiat. Fino agli anni ’90 tutta la realtà anche della città – che poi dalle Olimpiadi ha iniziato a puntare sul turismo riscoprendo i valori storici e culturali e decidendo di dare risalto allo sviluppo di professionalità diverse – ruotava intorno alla fabbrica di Mirafiori. Per anni giovani del sud, del centro, raggiungevano Torino per lavorare in fabbrica, per lasciare le campagne e contare su un introito mensile fisso vivendo in baraccopoli alla periferia della città.

    Daniele Segre unisce immagini di telegiornali, interviste di politici e soprattutto incontro con lavoratori di ieri e di oggi, partendo dall’esigenza di raccontare un momento storico drammatico: gli operai che si apprestavano a votare per il ‘referendum’ del 13-14 gennaio 2011. L’urlo di rabbia dei lavorati fuori dai cancelli già nelle prime sequenze definisce il taglio del documentario: non un racconto cronologico dei fatti, nessun pietismo sulle condizioni di indigenza che rischiavao di vivere gli operai dell’azienda guidata da Sergio Marchionne ma la fabbrica, i volti in primo piano dei lavoratori, di chi vuole ritrovare il coraggio di parlare, di riotteneve il diritto all’essere un uomo pensante in grado di esprimere il suo punto di vista. Poi un ventaglio di volti in bianco e nero dei lavoratori di ieri (es. 1994: i minatori della Carbosulcis di Carbonia arroccati nelle profondità delle loro miniere, 1996: gli operai delle acciaierie Falk di Sesto San Giovanni nel deserto di una fabbrica in chiusura) si alternano con i racconti di chi di lavoro muore, come racconta la voce di un giovane immigrato venuto in Italia non certo per spirare, solo, nel letto dove finisce dopo un incidente inconfessabile in ospedale a meno di non mettere a repentaglio padroncini e altri lavoratori. Il cuore di chi vuole andare a lavorare e non in guerra si alterna alla freddezza, alle analisi sul deficit d’analisi, alle parole di politici come Massimo D’Alema che parlò di accordo accettabile: “Garantisce un futuro produttivo a Mirafiori”. La desolazione della politica e la solitudine dei lavoratori completamente abbandonati a loro stessi costretti ad accettare accordi che, come sottolinea Maurizio Landini della Fiom: “Ledono i diritti costituzionali, i diritti dei lavoratori”. Come sempre Daniele Segre ha un uso attento delle parole, lascia ai volti tutto il suo racconto filmico e, come già nel titolo “Così sia Italia”, anche nella didascalia finale arriva tutta l’amarezza per la situazione: la Fiat è uscita da Confindustria, ha acquistato il 51% della Crysler e probabilmente creerà una sede generale a Detroit. L’ennesima beffa: anche se gli operai si sono piegati al volere dei padroni, non salveranno per molto il loro posto di lavoro.