Abduction

29/09/11 - John Singleton si affida all'inespressivo Taylor Lautner per una spy story delirante e ipertrofica. L'intrattenimento è garantito.

Chi di noi non ha pensato, almeno una volta, di essere stato adottato e che quelli che si spacciavano per i nostri genitori fossero in realtà degli impostori? Intorno a questa irrazionale pulsione infantile Abduction costruisce un plot ipertrofico che mescola teen-movie, romanzo di formazione, thriller psicanalitico e spy story. Ritorno sul grande schermo dell’ex enfant prodige (candidato all’Oscar a soli ventiquattro anni per Boyz n the Hood) del cinema statunitense John Singleton, Abduction poggia tutto sulle spalle nerborute del licantropo di Twilight Taylor Lautner, che anche qui non perde occasione di togliersi la t-shirt e mostrarci le sue grazie. Ma le capacità di Lautner contano assai poco in una pellicola che inanella colpi di scena, combattimenti corpo a corpo e sequenze d’azione al fulmicotone, senza curarsi troppo della coerenza narrativa, anzi facendo della propria inventiva senza freni un vanto e, in taluni casi, un pregio. Fino a qualche anno fa Abduction sarebbe stato un ottimo film di serie B, un action per l’home-video senza troppe pretese, capace di transitare per un cinema “alto”, parlando però un linguaggio schietto e immediato. Ma dal momento che il mercato dell’home è in crisi, viene da pensare che il film di Singleton sia soprattutto un prodotto realizzato con l’intento di sdoganare Lautner dalla saga vampiresca che lo ha lanciato e che si appresta, nei prossimi mesi a giocare le sue ultime cartucce.

Eppure Singleton è molto più di un abile mestierante, uscito dalle secche del classicismo elegante ma sterile di Four Brothers, il regista afroamericano questa volta si sbizzarrisce in una messinscena sovraccarica, capace di sfuttare i numerosi twist di un plot che di suo appare sin troppo sfruttato. Il protagonista del film, Nathan, trova la sua foto da bambino su un sito di persone scomparse e s’imbarca, con la bella vicina di casa, in un’avventura che include intrighi spionistici della CIA, psicologhe amorevoli (sempre della CIA), padri refrattari e agenti segreti serbi “free lance”. A tratti sembra di essere in un film d’azione anni ’80, ingenuo, magari anche un po’ rozzo, ma capace di far leva sulle pulsioni basiche dello spettatore. Prodotto ruspante e proletario, scevro da velleità autoriali, Abduction non lesina con la melassa dei buoni sentimenti, né con le incoerenze narrative, eppure tiene sotto scacco con una suspence di stampo hitchcockiano (si veda la sequenza in treno e quella della “pistola” allo stadio) e con un’abile coreografia delle sequenze action, che temevamo ormai solo appannaggio delle migliori serie tv statunitensi.

DARIA POMPONIO

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